Intervista alla pianista, compositrice e arrangiatrice Daniela Mastrandrea- "La musica, per arrivare, deve essere libera"
Daniela Mastrandrea ha all’attivo circa duecento composizioni pubblicate tra album e singoli: dal duo con il contrabbassista Michele Paternoster (collaborazione iniziata nel 2020) all' orchestra, dal jazz alla classica.
Si esibisce in numerosi festival e rassegne musicali come Piano City Milano, Festival Argojazz, Time Zones, Fasano Musica, Bari In Jazz, Experimenta e altri.
È vincitrice di diversi concorsi internazionali di composizione, premi e contest musicali tra i quali - per citarne solo alcuni-Web Talent V.I.T.A. di Believe Digital, Fondazione Estro Musicale, Premio Argojazz, Digital Contest Kleisma, L’artista che non c’era, Diffusioni Musicali.
Nerospinto ha incontrato la pianista, arrangiatrice e compositrice barese.
Al di là di quell’atlante emozionale del jazz che è «Ritratti in jazz» (con 55 brevi testi di Haruki Murakami e i dipinti di Wada Makoto) il jazz la fa da padrone in tutta la produzione letteraria di Haruki Murakami, anche in quella più propriamente romanzesca. Qual è la sua opera preferita dello scrittore giapponese?
A sud del confine, a ovest del sole, non solo perché la musica, come nella maggior parte dei libri di Murakami, fa da sfondo e sottofondo, ma anche e soprattutto perché ogni personaggio mostra il proprio modo di vivere la vita: c’è chi va avanti, chi rimane imprigionato nei ricordi del passato; e anche in chi va avanti ci sono tutte le difficoltà legate al non sentirsi mai, fino in fondo, parte di questo mondo.
Il cd “realismo magico” di Murakami è una visione che sente vicina e che ha voluto in qualche modo trasfondere nell’ultimo lavoro discografico?
In realtà no. Qualsiasi aspetto della vita, dalle esperienze alla lettura, dai suoni ai pensieri, ha influenzato il mio modo di scrivere: quel che ascolto, che vivo o che penso decanta dentro di me, fino al momento in cui, in maniera del tutto inaspettata e inattesa, si manifesta a me sotto forma di note alle quali dare un contesto. Murakami è un titolo all’apparenza limitante, quando invece racchiudere dentro di sé momenti diversi della mia vita, sfociati perlopiù in un unico istante.
“Dal primo album con Michele (Paternoster, N.d.R.) è trascorso soltanto un anno, ma la prospettiva attraverso la quale osservo la vita è cambiata” - scrive nel suo blog. Può spiegarci più dettagliatamente in cosa si è sostanziato questo cambiamento?
Crescendo, come spesso accade, si guarda la vita in modo diverso. La sensazione che mi accompagna è quella di essere immersa in essa ma di osservarla dall’esterno. Osservo molto di più e agisco come se fossi in attesa di qualcosa. È come se la mia percezione del tempo, delle cose e degli eventi fosse cambiata: da essere qualcosa che è all’esterno è diventata qualcosa che è dentro di me.
Dal 2020 collabora in duo con il contrabbassista Michele Paternoster, vuole raccontarci come è nata e come si è evoluta questa collaborazione?
Io e Michele ci conosciamo da oltre trent’anni. Ci conosciamo da ancor prima che le nostre mani si congiungessero. Nell’ambito musicale di un paese, bene o male tutti sanno di tutti. Io sapevo di Michele e lui di me. Ci siamo sempre stimati e ci stimiamo da sempre. Abbiamo condiviso davvero tante esperienze insieme, anche ridicole e surreali. Perché - sguardo concentrato a parte - Michele è un gran giocherellone. Il progetto in duo ha preso forma semplicemente perché ho sentito forte, in Michele, il bisogno di suonare e di avere una propria realtà e identità musicale. È stato allora che ho avuto l’idea di Duo e, successivamente, di festeggiarne il compleanno. Questo è l’anno di Murakami, per l’anno prossimo… vedremo!
Dalla classica al jazz, passando per la christian music e per l’elettronica… l’attitudine sperimentale è una componente fondamentale della sua fluviale produzione?
Assolutamente no. La mia musica arriva con un’identità melodica e armonica ben delineata. È l’idea che appare nella mia mente a decidere se si vestirà di sonorità jazz o classiche: io mi presto solo a fare da tramite. Quando ho mosso i miei primi passi nell’ambito musicale, non avrei mai immaginato che mi sarei ritrovata a scrivere musica. Uso quest’espressione perché in effetti non l’ho scelto volontariamente: ho dovuto farlo nel momento in cui ho riconosciuto di aver ricevuto un dono, e i doni comportano responsabilità. Mi sono ritrovata a registrare il mio primo album senza nemmeno essere pronta a farlo. Il secondo è stato un tentativo di dar un seguito al primo e incanalare la musica che ho scoperto venire da sé. E da lì una serie di eventi sincronici che mi hanno fatta diventare ciò che sono oggi. Eppure, lungi da me la voglia di sperimentare: la musica, per arrivare, deve essere libera.
Progetti in cantiere?
Ce ne sono diversi. Da un lato vorrei parlarne, dall’altro non vorrei privare chi mi segue dell’effetto sorpresa e vanificare l’attesa che rende tutto più magico. Posso solo invitare tutti a seguirmi sui miei social e sul mio canale YouTube.
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