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Sabato 21 novembre, alle ore 21, presso il Teatro Sala Fontana, nel cuore dell’Isola, il quartiere della musica a Milano, gli Slanting Dots + Luca Aquino inaugureranno la prima edizione di GO OVER! Culture and Music from Europe, la nuova rassegna ideata da Antonio Ribatti e Gianni Barone, che viene alla luce per dar spazio alle nuove tendenze musicali e alle sonorità di matrice europea.
Un nuovo sodalizio artistico questo tra gli Slanting Dots - trio dell’etichetta milanese NAU Records, formato da Luca Perciballi alla chitarra elettrica, Alessio Bruno al contrabbasso e Gregorio Ferrarese alla batteria - e Luca Aquino, trombettista tra i più stimati e apprezzati in Italia e in Europa. La band considera la musica come un grande serbatoio creativo al quale attingere, senza alcuna preoccupazione di stile o di genere. Il jazz rappresenta così solo un punto di partenza dal quale trarre procedimenti formali che possono essere contaminati ora con la musica classica contemporanea, ora con il rock. Un lavoro di continua ricerca quindi, che accoglie in sé diverse influenze e che gli permette di spaziare con agilità da un genere all’altro, mantenendo lo sguardo sempre fisso all’Europa e ai nuovi scenari musicali.
Il concerto di Slanting Dots + Luca Aquino sarà introdotto da Antonino Di Vita, autorevole rappresentante della scena critica italiana in ambito jazz. Giornalista e critico musicale, collabora stabilmente con la rivista Jazzit.
GO OVER! Culture and Music from Europe è realizzata con il patrocinio del Comune di Milano, della Regione Lombardia, del Ministero dei Beni Culturali italiano e del Ministero degli Affari Esteri della Norvegia; con la media partnership di Zero e TuttoQui.
Info prenotazioni (intero 8 euro; ridotto 5 euro) www.teatrosalafontana.it
In occasione dell'evento organizzato da Zero e Blå Station nel loro showroom milanese per il Fuorisalone 2015, Nerospinto ha incontrato Luca Nichetto, designer e creativo veneziano che attualmente vive a Stoccolma, e che proprio per il marchio svedese Zero, ha creato la lampada Loos, dedicata all'architetto austriaco Adolf Loos, dal design colorato, divertente e sostenibile.
Nerospinto: Cosa ti ha spinto a scegliere il design per professione e cosa ti appassiona di più di questo mondo?
Luca Nichetto: Ad essere sincero non ho scelto di fare il designer, è stata un'evoluzione naturale essendo nato e cresciuto a Venezia, per la precisione a Murano, quindi circondato da persone coinvolte nel processo creativo della lavorazione del vetro, dai miei amici alla mia famiglia stessa. Ho avuto la fortuna di nascere con un talento, saper disegnare, talento che ho coltivato studiando all'istituto d'arte, durante il quale, ancora prima di andare all'università, era normale portare i propri disegni alle fornaci e venderli agli artigiani del vetro. La mia attività di designer è iniziata così.
N.: Trai ispirazione dalla tua città d'origine e dalla sua bellezza?
L. N.: Da Venezia traggo sicuramente ispirazione, soprattutto ora che vivo a Stoccolma e sono lontano dalla mia città natale e posso osservarla con occhi completamente diversi. Anche il viaggio in vaporetto che prima mi sembrava noioso o normale, ora mi appare romantico e affascinante.
N.: Cosa ne pensi della fuga dei creativi da Venezia che pur riconoscendo la sua bellezza scelgono di andarsene? Tu ci torneresti a vivere?
L. N.: Io ho ancora lo studio a Venezia e non intendo lasciarlo. Venezia mi aiuta sia da un punto di vista creativo che emozionale e personale. Non riuscirei mai a vivere in città come New York o anche solo Milano, così in perenne fermento ed eccitazione creativa. Gli stimoli e gli impulsi creativi io ho bisogno di digerirli e Venezia in questo mi aiuta molto con la sua lentezza e con i suoi ritmi decisamente meno frenetici, obbligandoti in un certo senso, a prenderti del tempo per te. Amo sempre tornare nella mia città forse anche per una questione di "ego": come tutte le persone creative, il mio è piuttosto sviluppato, e tornare lì dove conoscono tutti e tutti mi conoscono, mi fa decisamente bene. Venezia è così: pur essendo un luogo internazionale, dove arrivano persone da tutto il mondo, rimane una realtà di provincia. Tornare mi aiuta a rimanere per terra e mi da stabilità. Quando ho cominciato il mondo del Design mi sembrava fantastico e con un certo tipo di ideale, adesso che ci sono dentro sono un po' disilluso e mi manca l'incanto dell'inizio. Non credo sia ancora come quello della Moda e della sua esasperazione, ma credo che il mondo del Design stia diventando un po' superficiale, dove conta di più il comunicare il designer che il prodotto di design, si è sempre più spesso alla ricerca della notorietà, dimenticando l'origine del Design Italiano.
N.: Se non avessi fatto il designer, che lavoro avresti fatto?
L. N.: Quando ho cominciato a studiare giocavo a basket ad ottimi livelli. Ho dovuto lasciare per l'università, ma se non avessi studiato, penso che avrei continuato la carriera sportiva.
N.: Quale complemento d'arredo preferisci creare? Quale secondo te esprime al meglio la tua idea di design?
L. N.: Non c'è un oggetto che preferisco creare in assoluto, io prediligo la sfida: preferisco cimentarmi in qualcosa sempre di nuovo, anche se riconosco che ci sono oggetti che mi riescono meglio rispetto ad altri. Quando il design diventa la tua professione, acquisisci esperienza e sai che certe tipologie di prodotti non potranno essere totalmente tue, ma se anche solo in parte puoi apportare il tuo contributo personale, funzionano comunque. Non voglio che le persone riconoscano Luca Nichetto come uno stile, voglio che in quell'oggetto ci sia del mio e che ci sia molto anche dell'azienda per cui sto lavorando. Guardando la mia produzione vedo un fil rouge, se gli altri lo notano o meno, non mi riguarda. Per me il concetto di design è fortemente legato all'azienda per cui si lavoro e bisogna rispettarne la linea di pensiero e di stile, dal disegno dell'oggetto al materiale con cui fabbricarlo. In un progetto a me piace molto dare, ma anche ricevere, i particolare il know-how dell'azienda in questione.
N.: Parliamo di lampade: come è nata Loos? Nel design delle tue lampade si può notare un richiamo agli anni '70 e al modernariato, è il periodo che ti ispira di più o preferisci guardare al futuro?
L. N.: Loos è nata perché in Svezia la cultura del riciclo è molto forte: quando si crea un oggetto si pensa al suo ciclo di vita completo, non si pensa solo a quando nasce, ma anche a come poterlo riutilizzare una volta che la sua funzione si è esaurita, venendo quindi meno l'idea "americana" dell'oggetto esclusivamente nel mercato, legato all'uso e consumo fine a sé stesso. Il feltro utilizzato per la creazione della lampada, è ottenuto dalle bottiglie di plastica riciclate e quindi mi permetteva di creare una lampada tessile con un investimento abbastanza basso, rispettando un'etica molto importante per me, soprattutto essendo la prima collaborazione con un'azienda di illuminazione svedese. L'idea della lampada mi è venuta poiché Zero lavora molto con gli architetti, e ho quindi pensato a queste tre calotte impilate, che a seconda di come vengono combinate, creano degli effetti luce completamente diversi. Le facciate architettoniche sono state la mia ispirazione, ecco il perché del nome, un omaggio all'architetto Adolf Loos. Per quanto riguarda le ispirazioni del passato, più che guardarmi indietro, studio la storia del design per capire e prevedere ciò che accadrà nel futuro, senza rimanere ancorato a ciò che è già stato creato, come può accadere nella moda, che va a cicli. Trovo interessante rimodernare qualcosa che è già stato prodotto perché molte volte, cose create nel passato e dimenticate, possono essere funzionali e contemporanee anche oggi. Un esempio di ciò sono i divani: nel dopoguerra, il Design Italiano si rivolgeva soprattutto alla classe media, che possedeva case dagli spazi ridotti e che quindi necessitava di divani piuttosto compatti senza rinunciare alla qualità. Questo concetto è cambiato negli anni con l'arrivo di loft ed open space. Oggi vivo in una città come Stoccolma dove un appartamento considerato grande, è di 65 mq, e non solo dalla classe media, ma anche dalla colasse ricca, che però non trova divani di design adatti alle misure di un appartamento di quelle dimensioni, ed è quindi costretta a ripiegare sull'Ikea: per me è assolutamente una follia che il design oggi non sappia rispondere a questo genere di richieste.
N.: La sostenibilità oggi è un elemento basilare del design industriale o è un valore aggiunto?
L. N.: Per me è un elemento assolutamente basilare. Non è facile nel momento in cui designer e azienda hanno un'opinione diversa riguardo la sostenibilità ovviamente, quindi cerco di lavorare con aziende che condividono questa mia etica.
N.: Su cosa stai lavorando adesso?
L. N.: Su delle lampade, su dei divani outdoor, su dei pouf, su delle sedie, insomma di tutto e di più.
N.: Qual è l'oggetto rivoluzionario che vorresti creare?
L. N.: Per ora è solo un concept, ma l'anno scorso ho collaborato con la designer Lera Moiseeva per una mostra a New York, e abbiamo creato "Cosmic Messenger", una sorta di capsula da lanciare nello spazio come una bottiglia contenente un messaggio. Visto che il futuro, credo, non sia legato solo al nostro pianeta, mi piaceva l'idea di portare il design anche al di fuori della Terra mandando un messaggio a un destinatario sconosciuto.
Carlotta Tosoni
Luca Nichetto nasce a Venezia nel 1976, dove studia all’Istituto d’Arte e dove, successivamente, consegue la Laurea in Disegno Industriale presso lo IUAV, Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Nel 1999 comincia l’attività professionale disegnando i suoi primi prodotti in vetro di Murano per Salviati. Nello stesso anno prende il via il sodalizio con Foscarini per la quale, oltre a firmare alcuni progetti, assume il ruolo di consulente per la ricerca di nuovi materiali e sviluppo prodotto (2001-2003). Nel 2006 fonda a Porto Marghera, vicino a Venezia, lo studio Nichetto&Partners, che si occupa di Industrial Design e Design Consultant, nel 2011 decide di avviare una nuova attività professionale a Stoccolma, Svezia. Nel 2013, il team Tales commissiona a Nichetto la sua prima architettura, chiamata “Tales Pavilion”, uno showroom multi-brand di 500 mq presso il Lido Garden di Pechino, Cina. IMM Cologne l’ha scelto come “Guest of Honour” nel realizzare la sua visione di casa nel progetto “Das Haus – Interiors on Stage 2013”. Ha tenuto numerosi lecture e workshop in diverse università sia in Italia che all’estero ed è stato docente presso lo IUAV di Venezia, Facoltà di Design e Arti. Oltre ad aver partecipato a mostre in Europa, Stati Uniti e Giappone, Luca Nichetto è stato protagonista d’importanti retrospettive che hanno toccato alcune delle maggiori città europee tra cui Venezia, Londra, Parigi e Stoccolma ed ha firmato, in qualità di art director, molteplici eventi di respiro internazionale. E’ stato inoltre invitato a prendere parte a prestigiose giurie in occasione di concorsi sia in Italia che all'estero. Attualmente Luca Nichetto collabora con numerose aziende sia a livello nazionale che internazionale, tra le quali, Arflex, Bosa, Casamania, Cassina, David Design, De Padova, De La Espada, Discipline, Established & Sons, Fornasarig, Foscarini, Fratelli Guzzini, Gallery Pascale, Gallotti & Radice, Glass, Globo, Italesse, La Chance, King’s, Kristalia, Mabeo, MG Lab, Moroso, Offecct, Ogeborg, One Nordic Furniture Company, Petite Friture, Salviati, Skitsch, Skultuna, Tacchini, TobeUs, Venini e Zero.
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Il 15 aprile, nel pieno della Milano Design Week, si terrà il party "Bubbles & Swedish Design" organizzato da Blå Station e Zero presso lo showroom Enginux Concept Store, condiviso dai due brand, in Via Osti 3 a Milano.
Blå Station e Zero, produttori svedesi di design, hanno inaugurato il loro primo showroom in Italia a novembre 2014, ed entrambe le aziende sono conosciute per un design che oltre a essere ispirato alla contemporaneità presenta soluzioni funzionali ed esteticamente piacevoli. I prodotti delle due aziende vengono realizzati in Svezia con grande attenzione alla sostenibilità, e il design è caratterizzato da un rigoroso aspetto nordico e allo stesso tempo internazionale. I due produttori e i loro designer non solo restano al passo con i trend del momento, ma ricercano soluzioni creative per una società dove i cambiamenti di vita presentano tante sfide per quanto riguarda l’arredamento e l’illuminazione.
Tra i must di Zero spiccano le lampade FOG by Front Design, che nasconde la fonte di luce per dare un’impressione mistica semitrasparente, e la Loos del designer veneziano Luca Nichetto, che Nerospinto avrà il piacere di intervistare proprio durante il Fuorisalone: Loos prende spunto dalle vetrate moderne e dai tessuti scozzesi, ovvero da quelle facciate geometriche, funzionali, ricche di finestre, tipiche degli edifici modernisti, che trovano la loro massima espressione tra gli anni venti e trenta, e dai tessuti tartan, composti da linee verticali ed orizzontali di diverso colore che creano pattern geometrici; di questa lampada sono previste una versione a sospensione, una versione da terra e una versione da tavolo. Fra i classici di Blå Station, invece, si annoverano Oppo di Stefan Borselius, una poltrona girevole dalle forme morbide e sinuose, e Dent di Jon Lindström e Henrik Kjellberg, una sedia impilabile dove, da una normale impiallacciatura, è stata creata una forma 3D.
15 aprile 2015 - h. 18 – 22
Blå Station & Zero presentano
Party ’Bubbles & Swedish Design’
Enginux Concept Store Via Osti, 3 Milano
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Torna in Italia la compagnia giapponese Mum&Gipsy venerdì 24 ottobre, e in replica sabato 25, al Teatro Era di Pontedera. Il regista Takahiro Fujita mette in scena il suo spettacolo “Dots and lines, and the cube formed the many different worlds inside. And light”
Lo spettacolo parte da un evento di cronaca, un omicidio avvenuto nel 2001 in una piccola città giapponese. La notizia sconvolge la tranquilla routine del posto.
I protagonisti in scena sono i giovani ragazzi di allora, ripresentati dieci anni dopo l’accaduto, che, seduti tutti intorno allo stesso tavolo, raccontano la loro vita attuale, inserendo continui refrain che richiamano alla memoria il passato.
Takahiro Fujita è l’esponente principale della “zero generation” giapponese, un movimento nato con l’inizio del nuovo millennio, che ha saputo riportare al centro della narrazione il linguaggio di tutti i giorni, allontanandolo dagli antichi stereotipi teatrali. In questo modo, il teatro ritorna ad essere uno specchio diretto della realtà.
“Dots and Lines” è stato messo in scena per la prima volta in Italia nel maggio 2013, a Firenze, e ora torna in Toscana in una veste leggermente differente. Lo spettacolo ha rappresentato un punto d’arrivo importante per la giovane compagnia, poiché si è trattato della prima data al di fuori del Giappone.
INFO
Biglietti
Intero 12 € Ridotto 10 € Studenti 8 €
Biglietto serata 15 € per entrambi gli spettacoli (Dots and lines + Alla Luce)
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA tel: 0587.55720 / 57034 (dal lunedì al venerdì dalle ore 15 alle 18) mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
DadaMaino ha superato la "problematica pittorica": altre misure informano la sua opera: i suoi quadri sono bandiere di un nuovo mondo, sono un nuovo significato: non si accontentano di "dire diversamente": dicono nuove cose. (P. Manzoni)
Talvolta la storia mette in secondo piano figure di donne che hanno rivoluzionato linguaggi artistici e movimenti di avanguardia. I loro nomi passano inosservati in mezzo a quelli dei loro colleghi maschi, nonostante siano state parti integranti di movimenti intellettuali complessi ed estremamente influenti.
Chi conosce infatti i giovani seguaci di Lucio Fontana, come Piero Manzoni e Gianni Colombo, non può trascurare la milanese Edoarda Emilia Maino, meglio nota al pubblico come Dadamaino.
Anch’ella frequentatrice del Bar Jamaica, in Brera, dove erano soliti ritrovarsi i giovani artisti meneghini, Dadamaino divenne ben presto parte di quel movimento di avanguardia artistica che scardinò i canoni estetici tradizionali negli anni ’50.
Forme d’arte irriverenti e talvolta incomprensibili solcavano la mente di questa giovane donna alla continua ricerca di un ideale geometrico percettivo che ribaltasse la logica del prodotto in serie per allontanarsi da una società fortemente industrializzata che minimizzava le differenze tra gli individui.
Espose in Inghilterra, Germania, Belgio, Olanda dove riscosse molto più successo che in terra nostrana. Aderì al gruppo Azimuth a capo del quale stava Piero Manzoni e al suo corrispettivo tedesco, Zero.
Il suo interesse si sposta quindi verso un orizzonte europeo, non più solo italiano, dove trova largo appoggio da parte della critica internazionale.
Lavorò al fianco di personalità di spicco come Enzo Mari e Bruno Munari e insieme a loro elaborò l’Alfabeto della mente, un codice composto da sedici segni. Questa sua opera naque dall’esigenza di dar voce a un profondo disagio emotivo, inesprimibile con le tradizionali forme comunicative. In questo modo i quadri si trasformano in segni grafici, simili a lettere, avviando una sperimentazione seguita con estremo rigore e maniacalità, tratti distintivi del suo carattere.
Femminista convinta fu attivista a cavallo tra gli anni ’60 e ’70: lei che conosceva benissimo quanto fosse difficile e arduo per una donna far sentire la propria voce in un coro di tenori.
Milano in questi giorni ricorda la sua grande artista, scomparsa nel 2004 in una mostra alla Galleria Gruppo Credito Valtellinese in Via Magenta 59, dal 10 al 29 giugno.
Per info: 02 48008015
Ingresso Gratuito
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