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La storia tra cucina e letteratura, Luca Clerici firma il libro edito da Skira, Mangiarsi le parole 101 ricette d'autore.

Dal 26 ottobre al 2 novembre la compagnia teatrale "La fenice dei rifiuti" vuole rendere omaggio a Pier Paolo Pasolini a trent'anni dalla sua morte. Lo fa con lo spettacolo "Più dei santi, meno dei morti- La notte in cui Pasolini", una vicenda che ha tutti i connotati della tragedia, senza un deus ex machina a risolvere la vicenda, né una catarsi. Lo fa trasferendo nella contemporaneità gli elementi tipici della tragedia: la metafora spinta, l’eroe con tutte le sue contraddizioni, il coro, qui portatore di un linguaggio, fisico e verbale, spinto all’estrema provocazione, indigeribile, inaccettabile.

2 novembre 1975. Ore 6.30. Una donna esce dalla sua casa, una baracca abusiva in Via dell’Idroscalo, ad Ostia; scorge un sacco della spazzatura lungo la stradina che da casa sua porta sulla strada principale. Si avvicina per spostarlo e si accorge che il sacco della spazzatura è in realtà il corpo di un uomo, più precisamente del poeta Pier Paolo Pasolini.

Il corpo è massacrato. Fratture ovunque, alle braccia, al costato, alla mandibola, ferite sul collo, sulla fronte, sulla nuca. Il cuore scoppiato per il passaggio di un’autovettura sul suo torace. Il sangue, mischiato alla melma, al fango, fa assumere al cadavere un colorito terrificante. Non sarà l’unico tipo di fango gettato sulla figura di Pier Paolo Pasolini. Ancora oggi, per la giustizia italiana, Pier Paolo Pasolini è un pedofilo, uno stupratore che ha cercato di abusare di un minorenne, il quale reagendo lo ha ucciso.

Ma questa ricostruzione ha celato in realtà una vicenda molto più agghiacciante,che parte da tredici anni prima, da una bomba collocata sull’aereo su cui viaggiava il Presidente dell’Eni Enrico Mattei, per poi trasferirsi nella Sicilia del 1970, dove viveva e lavorava il giornalista del quotidiano “L’Ora” di Palermo Mauro De Mauro, e concludersi (forse) tra le pagine di un libro, l’ultima opera di Pier Paolo, mai terminata, e pubblicata soltanto diciassette anni dopo la sua morte. Un libro enigmatico, un libro impubblicabile, inaccettabile, poiché in quel libro Pier Paolo voleva raccontare tutta la storia italiana “nascosta” dal dopoguerra in poi, svelare i retroscena e i meccanismi del potere. Al centro di tutta la vicenda, l’Eni. Il titolo di quel libro è Petrolio.

 

Dal 26 ottobre al 2 novembre 2015

PIÚ DEI SANTI, MENO DEI MORTI

La notte in cui Pasolini

drammaturgia e regia Alessandro Veronese

con Laura Angelone, Federica D'Angelo, Christian Gallucci, Michela Giudici, Vanessa Korn, Susanna Miotto, Alessandro Prioletti, Alessandro Veronese

aiuto regia Francesca Gaiazzi

fotografa di scena Greta Pelizzari

produzione Fenice dei Rifiuti

TEATRI DI INDAGINE – ATTO QUINTO

 Finalista Premio Scintille013 – Asti Teatro

 

Teatro Libero

Via Savona, 10 – Milano

 

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BIGLIETTERIA

PREZZI BIGLIETTI

Intero € 21,00

Ridotto under26 e over60 € 15,00

Allievi Teatri Possibili con TPCard € 10,00

(prime rappresentazioni € 3,00)

Prevendita € 1,50

ORARIO SPETTACOLI Da lunedì a sabato ore 21.00

Domenica ore 16.00

ORARI BIGLIETTERIA Da lunedì a venerdì dalle 15.00 alle 19.00

Nei giorni di spettacolo: Da lunedì a venerdì fino alle 21.30 Sabato dalle 19.00 alle 21.30

Domenica dalle 14.00 alle 16.30

CONTATTI

02 8323126 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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www.teatrolibero.it

 

 

 

In occasione del quarantesimo compleanno di Pergine Spettacolo Aperto si affronta un tema radicale in modo provocatorio: la vita come passaggio; la nascita e la morte come le sue vere sorgenti di significato.

L'edizione 2015 ha come emblema la Turritopsis nutricula, o medusa immortale, una creatura marina minuscola capace di tornare pian piano ai primi stadi di sviluppo, invertendo così il proprio ciclo biologico. Con grande valenza simbolica condensa speranze, angosce e desideri degli uomini.

La cultura occidentale è ossessionata dal culto dell’eterna giovinezza; ciò che sta agli estremi è nascosto nell'inconscio collettivo. Pergine Spettacolo Aperto concentra l'attenzione sulla fine e sull’inizio della vita, in quanto momenti affascinanti e suggestivi. Un invito rivolto a tutti quelli che... I wanna be forever young!

La città di Pergine, dal 3 all’11 luglio, sarà animata da eventi artistici, performance, produzioni site specific, installazioni, laboratori, nuove produzioni e prime assolute.

Venerdì 3 luglio (con replica il 4 luglio) inaugura il festival Sequenze per il futuro, la nuova produzione della Compagnia Abbondanza/Bertoni affidata a otto bambini.

Sabato 4 luglio in prima nazionale va in scena Lalenne di Cie Créature, compagnia francese che colloca la propria ricerca drammaturgica al confine tra teatro e arti visive, occupandosi di temi sensibili in chiave poetica e intimistica.

Il 5 luglio il Vie del sé day, una giornata dedicata al benessere e all’armonia che si chiuderà con la produzione di danza, musica e meditazione dal titolo Rinascere in ogni istante, con Barbara Monti, Cora Steinsleger e l’Ensamble Turchese (Tunisia, India, Cuba, Italia). Nella cornice del Parco Tre Castagni dalle 6 alle 23 si alterneranno laboratori di danza, yoga e tantra, zone dedicate al gusto e attività per bambini. Ospite eccezionale Graham Kennedy con un imperdibile workshop.

Il sentimento religioso e l’inquietudine adulta insita nel bisogno di dare un ordine al caos sono al centro dello spettacolo Jesus di Babilonia Teatri, in scena lunedì 6 luglio di fronte alla cappella mortuaria dell’ex Ospedale Psichiatrico.

Martedì 7 luglio sarà celebrata davanti alla cappella mortuaria dell’ex Ospedale Psichiatrico Ode alla vita della Compagnia Rodisio, risultato di un progetto di ricerca pensato per bambini dai 3 ai 5 anni che si è sviluppato in Italia, Francia, Inghilterra e Svizzera.

Il tema della malattia e della morte è affrontata con ironia e profondità da Chiara Stoppa nel suo fortunato monologo Il ritratto della salute (mercoledì 8 luglio alla cappella mortuaria dell’ex Ospedale Psichiatrico).

Altro appuntamento imperdibile è il “Neuroscienze Show” alla sua quarta edizione: esperti e scienziati si confronteranno sul leit-motiv del festival coniugando approfondimento scientifico e intrattenimento, la cui conduzione sarà affidata al team di “Parole Note” di Radio Capital formato da Giancarlo Cattaneo, Mario De Santis e Maurizio Rossato (giovedì 9 luglio: Il tabu delle soglie - Parole Note Radio Capital & IV Neuroscienze show).

Venerdì 10 luglio (con replica sabato 11 luglio) la prima nazionale Gola, spettacolo in tre movimenti liberamente tratto dalla novella di Cechov “L’angoscia”, diretto da Chiara Guidi, regista teatrale, attrice e cantante, tra i fondatori della Societas Raffaello Sanzio.

Sempre sabato 11 luglio in programma altre due nuove produzioni legate al tema della genitorialità declinata al femminile e al maschile: M.Other di Manuela Fischietti e Paternity Blues di Eco Mondo Doula/Città Teatro.

Dal primo giorno la città apre i suoi spazi ai vincitori del quarto Bando di produzione nazionale Open///Creazione contemporanea, rivolto ad artisti che operano nell’ambito della sperimentazione di nuovi linguaggi e forme espressive. I finalisti sono Serena Osti con Stella, Stefano Bernardi con Vitae, Two in a suitcase con Kyma e il gruppo romano Dynamis con 2115.

Tutti i giorni dalle 18 alle 23 una ricca proposta di installazioni, dalla nuova produzione Il grembo sonoro, alle opere offerte da Aahrus Festival (DK) The Sofa experience di Schønherr e Flexys e We are not real di Christian Lollike, passando per le straordinarie Porte di Francesco Nardi. Tutte le sere alle 19 al Caffè del Teatro gli aperitivi con gli artisti.

In collaborazione con Anffas Trentino onlus, CS4, Ente Nazionali Sordi di Trento, Centro Franca Martini, HandiCREA, Senza Barriere, Vales.

Forever Young 40. edizione 3 - 11 luglio 2015 Pergine Valsugana (TN) +39 0461530179www.perginefestival.it

 

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Venerdì 5 giugno alle ore 20.00, presso l’Apollo spazioCinema, il regista Peter Greenaway presenta il suo nuovo film: EISENSTEIN IN MESSICO.

Il film, accolto al Festival di Berlino con entusiasmo, segna il ritorno di Greenaway all’energia delle sue migliori opere.

Nel 1931, il regista sovietico al vertice della carriera Sergei Eisenstein si trova in Messico per girare un film. Richiamato in patria al più presto dal regime stalinista, Eisenstein passa gli ultimi dieci giorni del suo viaggio nella cittadina di Guanajuato, dove con la complicità della guida Palomino Cañedo scoprirà molte cose sul Messico, sulla propria sessualità e sull’identità di artista.

Greenaway firma un ritratto originale del grande regista russo con uno stile visionario che non ha eguali nel cinema contemporaneo, legandolo ad una riflessione sul cinema, il sesso e la morte che affascina e sconvolge.

 

Apollo spazioCinema Galleria de Cristoforis, 3, 20122 Milano

Prezzi: Intero € 8.00 Ridotto € 6.00 Ridotto Amici del Cinema € 4.50

Per informazioni: 0243912769 www.spaziocinema.info

 

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Sabato 11 e domenica 12 aprile in scena al Teatro Binario 7 di Monza Adagio, nove drammetti per ridere della morte. Testo inedito della drammaturga svizzero-francese Emanuelle delle Piane che ha debuttato al Teatro della Tosse di Genova la scorsa stagione, riscuotendo un enorme successo.

Lo spettacolo è un “dramolette”, cioè un testo teatrale diviso in tanti piccoli spezzoni autonomi l'uno dall'altro ma uniti da un unico tema generale. L'argomento principale che lega i drammi è la morte, evento inevitabile nella vita di tutti ma considerato ancora tabù per la cultura occidentale.

Nove episodi, nove variazioni originali sul tema che hanno lo scopo di sdrammatizzarlo ed esorcizzarlo. La morte è lo strumento che viene utilizzato per mettere in evidenza la fragilità dei rapporti, le bugie, i desideri, le bassezze e la falsità degli uomini. Tutte queste situazioni sono presentate con un’ironia brillante e sottile che regala risate assicurate.

Lo spettacolo è girato seguendo tre punti di vista differenti, infatti i registi che dirigono questi drammi sono altrettanti: Elisa D'Andrea, Yuri D'Agostino ed Elisabetta Granara, che si dividono tre spezzoni a testa. Sara Cianfraglia, Mauro Lamantia, Aldo Ottobrino e Sarah Pesca sono i brillanti protagonisti di questo divertente saggio, in cui si trovano sempre in bilico tra la realtà, che gli farà esprimere la parte più razionale del loro carattere e il grottesco, legato ai loro desideri più nascosti.

Sul palco si alternerà la storia di una coppia di innamorati che riflettono della loro vita davanti alla tomba dei genitori di lui, a seguire i fantasmi di Madonna e Michael Jackson, le più grandi icone della musica pop mondiale, oltre a citazioni cinematografiche come quella del ballo caraibico di Jim Carrey e Cameron Diaz in The Mask.

Una tripletta poetica, un saggio che studia le dinamiche sociali che nascono quando si tratta l'argomento della morte mostrando come questa faccia uscire allo scoperto tensioni e rancori tra le persone, rivelando così il loro lato peggiore.

ORARI:

sabato 11 aprile ore 21

domenica 12 aprile ore 16 e ore 21

PREZZI:

intero € 18 / ridotto € 15 con CartaPiù Feltrinelli / ridotto € 12 under25, over65, abbonati altre stagioni e convenzionati / in abbonamento per gli allievi de La Scuola Delle Arti / under18 € 6

INFO:

Teatro Binario 7 - via Filippo Turati 8, Monza

tel. 039 2027002

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

www.teatrobinario7.it

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Se n’è andata una signora del palcoscenico. Si è spenta nella sua Milano Lucilla Morlacchi, 78 anni, grande interprete del teatro italiano, a cui ha dedicato tutta la sua vita professionale, avendo esordito giovanissima.

Immensa presenza e potenza scenica, Lucilla Morlacchi ha sempre prediletto ruoli impegnativi, che richiedevano grande investimento fisico ed emotivo. Da La monaca di Monza a la suora de Il dubbio, fino all’ultimo sforzo dell’estate scorsa. Al Sacro Monte di Varese fu la protagonista indiscussa del festival diretto da Andrea Chiodi. In quell’occasione diede voce al Grande Inquisitore di Dostoevskij. “L’ho studiato giorno e notte” disse in un’intervista la grande attrice.

È ricordata anche per il sodalizio artistico con Luchino Visconti, che la scelse per interpretare il ruolo di Concetta nel suo immortale capolavoro Il Gattopardo, rara incursione sul grande schermo per un’attrice che lascia un grande vuoto nel teatro italiano.

 

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Alice Herz-Sommer si è spenta a Londra all’età di 110 anni.

Un traguardo di vita di tutto rispetto considerando che Alice era la più anziana sopravvissuta dell’Olocausto nazista e che la morte l’aveva vista da vicino più e più volte.

Alice, nella sua Praga dei primi del Novecento, aveva imparato a suonare il piano, un po’ perché le signorine di buona famiglia dell’epoca lo facevano quasi tutte e un po’ perché a lei suonare piaceva davvero tanto.

La musica, anzi, era la sua più vera e autentica passione.

Alice conosceva alla perfezione il repertorio classico ma si dilettava a suonare anche brani di compositori contemporanei e lo faceva sempre con il sorriso sulle labbra e con a gioia nel cuore.

Quando conobbe Alfred fu amore a prima vista e con la dolcezza e la grazia che contraddistinguevano da sempre Alice, i due si sposarono e misero al mondo Stephen.

Amore e musica, quindi, per una famiglia che viveva la normalità del suo tempo pur in mezzo alla straordinarietà degli eventi e della storia.

Nel 1938, le leggi razziali fecero sì che molte famiglie ebree emigrassero in cerca di pace e salvezza in altre parti del mondo e lasciassero quella vecchia Europa che sembrava preda della follia più assurda e inspiegabile.

Molti dei famigliari di Alice, prima che arrivasse il peggio, decisero di emigrare nell’allora Palestina, altri fuggirono in America ma Alice preferì restare a Praga per accudire la madre che era molto ammalata.

Per lei, sua madre, il marito e suo figlio Stephen fu il disastro più assoluto.

Alfred venne imprigionato per primo e condotto prima ad Auschwitz e poi nel campo di concentramento di Dachau dove morì senza poter rivedere o riabbracciare sua moglie e suo figlio.

Alice e il piccolo Stephen furono portati nel campo di Teresin, restando in Cecoslovacchia ma tagliati fuori dal resto del mondo. Schiavizzati, umiliati, affamati e distrutti nel corpo e nell’animo dai nazisti e dal regime autoritario.

Con Alice e suo figlio a Teresin c’erano quasi centocinquantamila ebrei, quasi quarantamila di questi morirono.

Alice e Stephen riuscirano a sopravvivere fino all’arrivo dei liberatori e allo smantellamento del campo di concentramento. Come? Alice spiega e racconta che è stato merito della musica, delle note che le permettevano di evadere con la mente e con lo spirito e che permutavano questa stessa illusoria evasione anche a suo figlio a i tanti prigionieri che dividevano con lei gli spazi di morte e distruzione del campo di Teresin e la sua stessa infelice sorte.

Prima che la più anziana sopravvissuta all’Olocausto ci lasciasse per sempre, però, è stato girato un documentario The Lady in number 6 candidato come miglior corto alla serata deli Oscar del prossimo mese di marzo. Un omaggio a una dolce e fortissima donna.

Un documento da tramandare alle future generazioni per raccontate la forza della vita anche tra la più atroce follia e l’oppressione della morte. Addio Alice. E grazie per la tua musica.

 

 

Parlare della morte è sempre un fatto triste ma quando a lasciarci è Shirley Temple allora il ricordo si impone e ci sembra che la bella bambina che conquistò Hollywood e il mondo del cinema internazionale negli anni Trenta del secolo scorso sia ancora con noi e soprattutto che non sia mai cresciuta. Questo è stato un po’ il destino di Shirley in vita e lo sarà malgrado tutto anche nel tempo a venire, anche per le nuove generazioni che continueranno a guardare i suoi film e che la immagineranno sempre piccola e graziosa. La Temple non è riuscita a “crescere” sul grande schermo e non lo ha fatto neppure nell’immaginario collettivo perché dopo di lei davvero nessuna mai è riuscita a imporsi come enfant prodige né negli Studios di oltreoceano né nel cinema europeo o orientale. Shirley aveva imparato a ballare a tre anni, cantare a quattro e recitare perfettamente a cinque, in un’epoca in cui le sue coetanee nelle altre parti del mondo erano quasi tutte analfabete e le sue coetanee statunitensi appena sapevano leggere e scrivere.

Il cinema, quello vero delle grandi produzioni e dei grandi attori, era cosa per adulti.

Per questo quando la Temple arriva sul grande schermo con i suoi vestiti corti di cotonina colorata, i suoi riccioli biondissimi, le sue adorabili fossette e il suo sorriso da birichina erano già tutti innamorati di lei, gli spettatori, i suoi colleghi adulti e già famosi e naturalmente i registi e i produttori. A Shirley sarebbe bastato questo. Incantare tutti con il suo candore, con la sua bellezza infantile e con la sua capacità di dire a tempo le battute del copione.

La Temple però era una bambina prodigio e nelle sue pellicole dimostra che sa anche ballare e cantare come una vera professionista, sa reggere la scena quanto e come i divi dell’epoca e che a volte sa anche surclassarli.

I suoi film sono un successo dopo l’altro, i suoi fan sono in delirio e i produttori di Hollywood se la contendono. Lei, bella, innocente e dotata si comporta come una vera professionista e non delude mai nessuno diventando non solo l’attrice bambina ma un fenomeno di costume e di imitazione studiato anche dal punto di vista sociale.

Le dedicano una stella sulla fame road e le costruiscono un Oscar per le interpretazioni infantili apposta per lei. Shirley Temple è la bambina più famosa del mondo.

I bambini però crescono. E con l’infanzia e la fanciullezza se ne vanno anche il fascino e l’incanto di Shirley che si ritrova negli anni Quaranta ad essere una adolescente come tante, senza più l’attrazione dei suoi riccioli biondi, delle sue fossette e dei suoi vestiti da bambina adorabile.

La riccioli d’oro del cinema internazionale è scomparsa per sempre.

La nuova Temple è quasi anonima, poco attraente dal punto di vista della recitazione, normale come può esserlo qualsiasi altra adolescente dell’epoca a Hollywood.

La favola è finita e l’ex bambina prodigio colleziona un flop cinematografico dopo l’altro.

Alla fine degli anni Quaranta la Temple si ritira definitivamente dalle scene e si dedica alla famiglia e successivamente alla politica e al sociale, diventando ambasciatrice USA.

Ora la riccioli d’oro di tante belle pellicole in bianco e nero ci ha lasciato definitivamente.

Shirley però no. La bambina bella e bravissima resterà così per sempre.

E tutti potranno continuare ad ammirarla nei suoi tip tap scatenati, nei suoi duetti canori e nelle sue interpretazioni più fortunate. Potere e magia del cinematografo. E non è poco.

 

 

 

E' di questa mattina la notizia della morte di Roberto Antoni in arte Freak Antoni, storico leader e voce degli Skiantos. L'artista bolognese avrebbe compiuto sessant'anni ad aprile, ci lascia prematuramente, consumato dalla malattia che lo ha perseguitato negli ultimi anni. Freak ci lascia il ricordo di una vita di eccessi, droga, provocazione e musica. Gli Skiantos sono stati forse il primo gruppo Punk italiano, per molti demenziali, ma questa definizione non rende onore a un progetto che ha influenzato intere generazioni. Avanguardisti, dallo spirito dada, promotori di una controcultura divertente, che fa riflettere e cantare.

 

"35 anni di grandi insuccessi" così Freak commentava la carriera musicale del gruppo, stanco di combattere contro un paese impreparato a certe rivelazioni (forse non lo sarà mai), ma consapevole che non bisogna pretendere niente da "un paese che ha la forma di una scarpa".

 

Al contrario dei detrattori noi capiamo quanto sia stato importante il ruolo degli Skiantos sulla musica e la società italiana, d'altro canto loro erano quelli che in tempi non sospetti cantavano "brucia le banche, bruciane tante".

 

 

Addio Freak, a noi piace ricordarti con questa canzone:

 

Hoffmann è morto a quarantasei anni, in un appartamento del Village a New York, probabilmente di overdose, dopo aver avuto problemi di alcool e di depressione.

Se il tutto non fosse tristemente tragico si penserebbe all’ennesima sceneggiatura sull’attore famoso che fa una fine drammatica e desolata. Invece è tutto vero.

Il difficile mestiere di vivere sembra colpire prima di tutto proprio i personaggi più in vista e glamour del jet set internazionale. La depressione, l’angoscia e la ribellione si insinuano nelle pieghe dell’anima di chi invece agli occhi del mondo sembra avere tutto, avere conquistato tutto.

Fama, soldi, successo e consensi.

Philip Seymour Hoffmann era stato molto fortunato a suo modo. Gira il primo film nel 1991 e l’anno dopo già lo vogliono tutti a Hollywood, offrendogli ruoli di secondo piano ma in pellicole importanti come Profumo di donna e accanto ad attori apprezzati e famosi.

Sarà per il suo aspetto non proprio da bello classico, per i suoi capelli così rossi e perennemente spettinati o perché davanti a una macchina da presa sa imporsi con disinvoltura e naturalezza, fatto sta che Hoffmann in poco tempo conquista tutti.

Incredibilmente antipatico e convincente il suo personaggio ne Il talento di mister Ripley e poi Magnolia, Il grande Lebowsky, La 25esima ora, Red Dragon ruoli da non protagonista ma che lo consacrano come interprete versatile e di grande bravura.

Pellicola dopo pellicola Hoffmann si impone, convince e si fa notare. Arrivano le nomination a premi e festival importanti e infine la grande occasione, il ruolo da protagonista come Truman Capote in A sangue freddo. È il trionfo. La parte della sua vita. Il personaggio che lo consacra e che gli si attacca addosso come un vestito fatto su misura.

Philip vince l’Oscar ma nessuno si stupisce più di tanto. La gente lo conosce, lo apprezza e o lo vede sullo schermo da tempo. La prestigiosa statuetta è solo la conferma di un grande talento.

Eppure tra le luci, gli applausi, i riconoscimenti e una vita privata all’apparenza normale e appagante la personale Medusa di Hoffmann stende i lunghi tentacoli nel suo cuore e nella sua mente e lo spinge sempre di più verso il baratro.

Alcool, droga, disintossicazioni dolore, depressione e psicofarmaci minano la sua esistenza e la sua vita privata. Non bastano allora gli amici di sempre, che lo amano e lo stimano. Non basta la sua bella famiglia, né le case prestigiose e da sogno sparse tra le due coste degli Stati Uniti.

Il difficile mestiere di vivere si fa sentire anche con lui. Con l’attore americano ricco e famoso.

Philip alla fine cede. E non servono speculazioni o indagini approfondite sulla morte di un attore hollywoodiano per cambiare le cose o per esorcizzare le paure universali.

Hoffmann sarà ricordato per il suo talento. Anche tra molti anni.

Questa è l’unica cosa che serve sapere.

 

 

 

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