Intervista al musicista e cantautore Tonino Scala, sabato 11 maggio in scena a Il Teatro Bello con "La Musica del Cinema"
In attesa dell’appuntamento di sabato 11 maggio, ore 21.00, al Teatro Bello di Milano, La Musica del cinema, che lo vedrà al pianoforte e alla voce, a fianco di Lele Micò (pianoforte), Nerospinto ha incontrato Tonino Scala, musicista e cantautore di Avola (SR), “naturalizzato” milanese.
Tra le sue collaborazioni Morris Albert, Bruno Lauzi, Mario Lavezzi, Fausto Leali, Paolo Belli, Claudio Baglioni, Franco Fasano, Paolo Tomelleri, Bruno De Filippi, Luisa Corna, Ornella Vanoni.
Ci racconta qualcosa degli inizi, come autore, all’IT di Vincenzo Micocci?
Avevo 17 anni quando ho incontrato Vincenzo Micocci in una delle mie tappe a Roma, dove giravamo per studi vari a fare ascoltare i nostri provini. Capitammo alla IT in un momento in cui Micocci si stava occupando della produzione di Grazia Di Michele. Ci mise a lavorare con Gaio Chiocchio, allora direttore artistico della IT. Provammo a fare qualcosa ma gli impegni scolastici e la situazione familiare non ci permisero di andare avanti con i progetti. Per dei ragazzi come noi, però, che arrivavano dall’estremo Sud, che sognavano di fare musica, è stata una bella palestra, anche se è durata poco!
Vuole parlarci della gestazione dell’album “Bagliori” (Riverrecords, 2021)?
Bagliori è un cosiddetto album Soundtrack, ovvero musica composta per supportare delle immagini. Parlare di Bagliori come di un disco di colonne sonore sarebbe molto azzardato. Io definisco questi brani come una serie di incipit per poi sviluppare un’opera completa in seguito. Chi ascolta Se, Bagliori, Ale e gli altri brani può chiudere gli occhi e provare a immaginare quello che suscitano i suoni, le melodie di questi pezzi in quel momento. Ad esempio il brano U carrettu l’ho scritto guardando dei paesaggi della mia Sicilia; contadini che raccoglievano arance e, dopo averle sistemate in grosse ceste, li trasportavano su dei classici carri trainati da muli (u carrettu sicilianu). Ho visto il sudore, le facce bruciate dal sole, le camicie arrotolate sulle braccia che sollevano casse di frutta, l’allontanarsi lentamente del carro guidato con maestria da un contadino con tanto di “coppola” e toscano in bocca in sentieri polverosi. Lo stesso brano, un mio amico regista di documentari, lo ha pensato, immaginato, per essere utilizzato su alcune immagini delle valli Lombarde. Questo, per dire che questi brani non sono accompagnate da immagini ben precise, ognuno può usarli come meglio crede. E chiaro che si tratta di un disco rivolto soprattutto a chi si occupa di opere audiovisive.
A proposito di musiche per il cinema, qual è, a suo avviso, il sodalizio più riuscito tra compositore e regista?
Io sono un amante del cinema italiano, e quindi per me quelli più riusciti sono Morricone e Sergio Leone, Fellini e Rota e- come non ricordarli- Sordi e Piero Piccioni… Sordi in alcune colonne sonore è anche autore di testi come “Amore Amore Amore”, scritta per il film “Un Italiano in America” o come “Breve Amore”, scritta per il film “Fumo Di Londra”. Tra questi registi e questi autori c’è stata una complicità che va oltre il rapporto di lavoro. C’è stata stima, amicizia, rispetto per il lavoro di ognuno di loro. E questo è molto importante. In questi casi c’è stata una totale identificazione di film e colonna sonora.
Ci dà qualche anticipazione sullo spettacolo dell’11 maggio al Teatro Bello, che la vedrà affiancare sul palco Lele Micò?
Conosco Lele dai tempi dei Villaggi Turistici, lavoravamo per la stessa società, ma sempre in posti diversi. Ho sempre considerato Lele un bravissimo pianista, un cultore del jazz e un bravo esecutore e autore. Io sono più un pianista pop. Viaggiamo in due mondi diversi, ma abbiamo una cosa in comune: il gusto musicale. Questa cosa ci avvicina e ci permette di sperimentare. Ci vedranno sul palco seduti su due pianoforti, il mio digitale e il suo acustico. Rileggeremo, secondo il nostro gusto, alcune delle colonne sonore del cinema classico. Alcune verranno cantate da me e da una bravissima cantante che si chiama Annalisa Cantando. Lele è quello che darà ad ogni esecuzione il cosiddetto “tocco di classe”.
Quali sono gli artisti che hanno maggiormente influito sulla sua formazione e che in qualche modo hanno influenzato le sue scelte autoriali?
Sono cresciuto ascoltando la musica che girava per casa, era quella di Bindi, Endrigo, Mina, Paoli, Vanoni. Nel 1972 ascoltai un disco di un certo Simon Luca, era un 45 giri che conteneva due tracce, Chiara e Spegni La Luce. M’innamorai di questo personaggio, che dopo ho scoperto ancora nel mondo pop-rock. Nello stesso anno partecipai ad un concorso cantando Spegni La Luce, arrivai terzo. Poi venni a conoscenza di un altro personaggio, Maurizio Monti. Aveva pubblicato un album che si chiamava Amore. Una copertina bianca e lui seduto in una poltrona, elegantissimo, con dei pattini a rotelle ai piedi. Quel disco l’ho consumato e ancora lo conservo. Monti ha scritto tanto per Patti Pravo, e di quel lavoro nel mio disco Etica vita ho ripreso il brano Bella Mia. Da allora mi sono dedicato solo alla canzone d’autore, studiando tutta la scuola genovese (Paoli, Lauzi, Bindi, Tenco) e soprattutto Fossati… ma anche la scuola romana, quella del Folkstudio.
È spesso coinvolto in spettacoli live che omaggiano la grande musica d’autore…si sente maggiormente cantautore o interprete?
Sono di moda i tributi a vari gruppi e personaggi della musica, ma è una cosa che a me non piace tanto. Andare ad un concerto e ascoltare qualcuno che imita nella voce, negli arrangiamenti e quindi nei suoni un cantante famoso o un gruppo, mi intristisce. Non trovo personalità negli esecutori pur bravi tecnicamente. Ma io penso che la musica, oltre che con la tecnica, si faccia col cuore, con l’anima. E ognuno ha il suo, di cuore, e la sua personalità. Preferisco interpretare un brano di Dalla anziché imitarlo. Mi piace dare una mia lettura di De André con suoni e colori completamente diversi, ma senza toccare l’essenza del brano. Quindi quando sono coinvolto in questo tipo di spettacoli, sono un interprete. Ma volevo sottolineare che mi piace capire, studiare e fare in modo che diventi qualcosa di mio, tutto quello che canto e suono.
In periodo pandemico ha preso parte al cortometraggio- canzone “Si troverà una sera”, fra l’altro musicando, insieme a Franco Fiume, ed interpretando il brano scritto dal regista Giulio Guerrieri. Che ricordo conserva di quella esperienza?
Il periodo pandemico è stato un trauma per tutti, ma soprattutto, per quelli come me, che vivono di questo lavoro. Non potersi esibire in pubblico, nei locali, nei teatri, ha generato tanti casi di depressione e- diciamolo pure- di impoverimento finanziario. Si suonava a casa, si collaborava con tanti musicisti a distanza. Si sono prodotti tanti di quei video casalinghi in tutti i modi e maniere… Si faceva musica sui balconi, sulle terrazze, ma “A GRATIS”, e questo ti deprimeva ancora di più. Il non poter suonare significava anche non guadagnare, e questo ha creato ripercussioni sulla salute e sul portafoglio. Tutti abbiamo pensato: finirà questo momentaccio? Si ritornerà a cantare e a suonare ancora tutti insieme? Lo ha pensato anche Giulio, che ha scritto il testo di “Si troverà Una Sera”, e con Franco lo abbiamo musicato. Poi Giulio ha pensato al video e lo abbiamo realizzato durante gli ultimi giorni di lockdown. Eravamo gasatissimi e fiduciosi allo stesso tempo. È stata la prima canzone che ho cantato sul palco al ritorno della musica dal vivo, con la gente in sala. Mi tremava la voce, è stata una serata bella ma faticosa, era troppa l’emozione. Adesso è diventata la mia sigla nelle serate in teatro. E quando l’ascoltiamo pensiamo: meno male che “questa sera” è arrivata.
In “Etica Vita”(Riverrecords, 2015), nonostante una narrazione a tratti dura del nostro tempo, sembra prevalere la spinta a non lasciarsi sopraffare. Ha mai avuto la tentazione di retrocedere a quello stato- per certi versi comodo- degli “uomini senza idee” cui si riferisce nel brano?
Il rispetto per la propria vita e per quella degli altri ritengo che sia una cosa importante. Distinguere il bene dal male, ciò che è giusto da ciò che è sbagliato è una cosa che dovrebbe appartenere a tutti gli uomini. Ma -purtroppo- non appartiene proprio a tutti, anzi direi proprio che appartiene a pochi. E proprio in questi giorni, ce ne stiamo rendendo conto. “Gli uomini senza idee” stanno prendendo il sopravvento in qualsiasi parte del modo. Ma- come dice il buon Tenco- ”appena si alza il mare” sono questi gli uomini che per primi vanno a fondo, trascinando con sé anche quelli che non avrebbero voluto avere niente a che fare con loro. Io cerco di stare sempre vicino a persone che hanno delle idee da coltivare. Mi piace sognare e vivo sognando che ci possa essere un mondo migliore per tutti, magari con tanta musica….bella.