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Intervista alla cantautrice e poetessa recanatese Marta De Lluvia, tra le protagoniste di "Concertica, parole e musica in salotto"
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Come si sta preparando all’opening act di venerdì?
Con molta gioia e serenità. La sensazione è quella di andare a una serata tra amiche portando un
omaggio personale, il più sincero che ho. Di questo ringrazio le ragazze di Dinamica, che con la
loro accoglienza riportano la musica a quello che è davvero: scambio, condivisione.
L’appuntamento di venerdì, oltre ai momenti di musica, sarà incentrato sul gender gap in ambito
musicale. Secondo lei iniziative quali Dinamica Festival (fondato dalle artiste Sue, Laura B e Vea),
il Lady Pink Festival di Laura Pescatori, la rassegna Because The Night di Marian Trapassi, l’ormai
storico Lilith Festival di Cristina Nico e Sabrina Napoleone, Eco di donna Evolution di Chiara Raggi
stanno contribuendo, in concreto, ad una benefica inversione di tendenza?
Senza alcun dubbio. Queste realtà al femminile non solo permettono alle donne di poter suonare e
di avere delle vetrine in più, ma sono anche dei luoghi in cui si decide coscientemente di mettere in
gioco dinamiche diverse. Dinamiche di fratellanza, di stima anche di ciò che è diverso da noi, di
supporto reciproco, di unione, di interesse comune al di là dell’interesse personale. Proprio grazie
alla grande sensibilità e capacità umana delle persone che ha citato, non è protagonista solo chi in
queste occasioni riesce ad esibirsi, ma tutte le persone che partecipano e supportano queste
realtà.
Lei è mamma di un bimbo piccolo. Il mercato del lavoro purtroppo penalizza le donne dopo la
maternità…vuole raccontarci la sua esperienza?
Nella musica non trovo che gli ostacoli vengano in particolar modo dalla maternità, è un mondo
molto complesso anche per chi è completamente libero.
Parlando in generale, invece, sì, la maternità è un handicap per i datori di lavoro, non c’è niente da
fare. Infatti sto avendo difficoltà a trovare un impiego, anche uno che non mi piaccia. Oggi è
davvero difficile entrare “interi” nel mondo del lavoro, io credo che si paghi un “prezzo” troppo alto
per lavorare (rispetto a quello che il lavoro dà): dover rinunciare al tempo in famiglia,
ridimensionare fortemente le proprie passioni. E poi si paga letteralmente: servono corsi a
pagamento per specializzarsi in questo e in quello e poi forse essere assunti. Persino
nell’insegnamento pubblico, per abilitarsi bisogna spendere soldi su soldi. In un mondo come
questo la maternità non può essere apprezzata, eppure le lavoratrici migliori che conosco sono
donne con figli: organizzatissime, dritte al punto, coraggiose, capaci di prendere decisioni,
estremamente responsabili. Non so, faccio fatica a ritrovarmi in un mondo che non vede questo,
ma credo di essere in ottima compagnia.
L’appartenenza, giogo o punto di forza?
Le cose che hanno un peso sono anche un peso, in qualche misura. Se lo si accetta, si smette di
combattere e si accoglie la complessità di qualunque cosa importante.
L’ultimo verso che l’ha fatta emozionare?
“… sediamoci sul terrazzo, guardiamo la sera che crolla:
ecco, è ora, è arrivata la notte.”
Jean Michel Maulpoix.
Il suo ultimo lavoro, “La festa che non c’era” è stato accolto in modo lusinghiero dalla critica di
settore. Qual è invece il complimento più bello che un “ascoltatore comune”, non specializzato, le
ha rivolto sul disco?
Una persona mi ha detto che ha pianto, ascoltandolo. L’idea di poter fare da specchio alla vita di
qualcuno mi commuove molto.
![Redazione Nerospinto](/media/k2/users/6.jpg)