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“Oggi chiacchiero con” è una chiacchiera, uno scambio di pensieri sullo Yoga che periodicamente farà parte dei miei articoli per farvi conoscere meglio gli insegnanti e gli insegnamenti che Milano offre. Con queste interviste vi svelerò i punti di vista dei maestri sullo yoga e sul modo di presentare le scuole di Yoga che abitano il tessuto della città.

Oggi sono nella sede di Milano di [Hohm] street Yoga, via S. Calocero 3.

Hohm street Yoga è un accogliente spazio open space nel quale si praticano diverse attività, dallo yoga, massaggi, cucina veg, a worskhop atti ad arricchire ed ampliare gli orizzonti dei propri partecipanti.

Oggi chiacchiero con Marco Migliavacca uno degli insegnanti Yoga e fondatore di [Hohm] street Yoga.

Marco arriva da una formazione artistica prima il liceo poi l'accademia di belle arti di Brera di Milano, un percorso  tra la critica, la filosofia estetica, la fotografia, gli archivi d'arte, il teatro e la pubblicitá. Ha vissuto all'estero prima a Lisbona ed è poi a Barcellona dove grazie a un amico ha iniziato a praticare  Ashtanga Vinyasa Yoga. Un cammino iniziato nel 2005 che nel 2009, attraverso il teacher training con Gordana Vranjes e Gloria Rosales presso  Yoga Dinamico Mandiram a Barcellona, lo ha portato ad approfondire e  investigare questo cammino. L'inizio di un viaggio che è continuato India, in Himalaya e per diversi ritiri in giro per il mondo con insegnanti illuminati tra i quali John e Lucy Scott, Sharon Gannon e David Life. Una continua ricerca tra i testi, le scritture e gli esempi di spiriti liberi e appassionati come Desikachar, Krishnamurti, Iyengar, Dharma Mittra, Paulie Zink, Donna Farhi, Daniel Odier e la sua nonna centenaria che  è stata il più grande esempio di presenza, compassione e amore incondizionato.

"Con lo yoga mi sento sempre all'inizio e solo nell'iniziare ritrovo quel vibrante entusiasmo di chi non ha un fine ma vede davanti a sé uno sconfinato territorio da esplorare senza dovere raggiungere nulla se non quello che è l'infinito presente."

DOMANDE:

 

1-  Qual è la tua visione personale dello Yoga? Cos’è per Marco lo Yoga?

 

Non ho una visione personale dello yoga. Cerco di viverlo come un'esperienza quotidiana senza definirlo ma posso parlarti della mia visione personale della “pratica”. Parola usata sia per definire la pratica delle Asana ma anche la possibilità di mettere in pratica in senso contrario e opposto alla teoria ciò che desideriamo essere. La pratica è esercizio: dal tendere un muscolo, al parlare con onestà. Praticare l'ascolto ad esempio è un esercizio per indagare noi stessi non solo attraverso uno strumento limitato quale l'intelletto ma anche attraverso l'intelligenza del corpo che spesso viene considerato invece inferiore alla mente.

Lo Yoga è “esperienza pratica di sé”, non lontano dal  “conosci te stesso” socratico.

La pratica è un cammino per guardare la realtà senza cercare di piegarla al nostro volere, che trova nell'accettazione e nella distanza dal giudizio di bene e male la vera esperienza di noi stessi, la meraviglia nello scoprire appieno ciò che siamo. E' una possibilità di liberarsi dall'illusione e dall'inadeguatezza tra quel che viviamo e  quel che desideriamo, dalle contraddizioni della nostra vita per com'è e non per come la vediamo. E' una sorta di scienza chirurgica per ascoltare e indagare la vastità di ciò che siamo senza identificarci solo nelle nuvole di passaggio.

Lo Yoga per me è un kit completo per imparare ad essere qui e ora nonché un cammino per conoscere e accettare la nostra natura potendo scegliere consapevolmente quale cultura sociale politica, umana e spirituale coltivare.

 

2-  Perché una persona è “spinta” a far Yoga? Quali sono secondo te i motivi per cui i tuoi allievi solitamente si avvicinano a questa disciplina?

Ci possono essere mille ragioni: dal desiderio di un corpo più bello alla espressione massima dell'individuo in modo consapevole e cosciente, alla pura curiosità. Non credo vi siano intenzioni giuste o sbagliate.

In una esperienza così totalizzante e viva quale quella della pratica,  è importante ricordare che lo Yoga non è e non dovrebbe creare nuovi dogmi o “formule magiche” in cambio di una promessa di felicità. Credo fermamente che nessuna pratica atta allo sviluppo della consapevolezza dovrebbe dare risposte o soluzioni, altrimenti rischiamo di aderire ancora una volta a un modello che è altro dal noi generando  nuova sofferenza, inadeguatezza, dolore.

Imparare a porci domande precise per avere risposte lucide, essere consapevoli delle nostre scelte, dei nostri desideri e accettarci sono parte del processo di questo cammino ma non vi é alcuna condizione preliminare per iniziare. "Il punto da cui iniziamo è assolutamente personale e individuale ed è il punto preciso dove ci troviamo in questo momento. Nello Yoga si dice di iniziare da dove si è e per ciò che ci piace" scrive Desikachar.

 

3-  Parliamo dello “stile” di Yoga che tu insegni, quali sono i capisaldi di questa filosofia yogica?

Dal mio punto di vista tutto è yoga. Parlare di stili è più una necessità per comunicare all'esterno ciò che si va a fare dato che lo Yoga non ha un retroterra condiviso in Occidente come lo ha storicamente o culturalmente in Oriente. Io nello specifico Insegno Vinyasa che significa “unire, mettere insieme, connettere, fluire” e Yin Yoga, due pratiche complementari e molti distinte, una dinamica e una di totale abbandono. Qui è dove mi ha portato sino ad ora il mio cammino. Sai, quando intendiamo che tra me e te non c'è nessuna differenza: allora quello è yoga. Ciascuno ha il suo cammino e nessuno è uguale nella liberazione dai veli che oscurano la possibilità di vederci come parte di una natura più grande e non duale,  non vi sono regole o corsie preferenziali più giuste o meno giuste. Allora quando mi accorgo che quel che desidero  negli altri è ciò che posso iniziare a praticare sin da ora, non fa più differenza  e non ha importanza lo stile o il cammino che abbiamo scelto.

 

4-  Ho usato prima la parola stile virgolettata. Cosa ne pensi di tutte le differenziazioni di stili, modus operandi, ecc ecc riguardo le diramazioni dello Yoga? Pensi che creino confusione a chi si approccia alla pratica per la prima volta?

 

Credo che potrebbero esistere tanti stili e tanti cammini quanti sono gli esseri viventi. Ciò che ritengo fondamentale è non attaccarsi alla propria pratica, al proprio stile, ma lasciare che tutto fluisca e si trasformi, si evolva o muti costantemente. Lo Yoga ci insegna a non restare inchiodati al nostro punto di vista ma ad allargare il nostro cono visivo. Ad esempio, se resto con il muso attaccato alla terra vedrò sempre la terra ma se inizio ad alzare la testa, se esco dalla mia zona di conforto, mi accorgerò che quel pezzo di terra fa parte di un prato con meravigliosi alberi e un orizzonte sconfinato e che io ne sono parte.

Ci rendiamo conto che la grande differenza sta nel modo in cui ci disponiamo ad osservare, senza preconcetti, senza resistere, accogliendo e ascoltando senza metterci davanti a quel che la vita ci offre ma lasciandoci attraversare. Lo Yoga ci invita ad osservare e citando Krishnamurti a liberaci dal conosciuto. Io ovunque mi trovi nel mondo vado a praticare, vado a conoscere. Se non  ti aspetti nulla, in qualsiasi pratica anche in quella che ti è apparentemente più distante puoi imparare qualcosa. Bisogna esperire, mettersi in gioco e imparare ad ascoltare senza presunzione o preconcetti che altro non fanno che trasformare le nostre paure in fobie bloccandoci. La pratica si trasforma per mantenerci presenti e non per mantenerci attaccati a un'idea o a qualcosa che è trascorso e non conta lo stile che scegliamo ma l'intenzione con cui ci mettiamo a praticare sul tappetino. E a questo punto invito sempre a chiederci: perché pratichiamo? Che cosa ci spinge a farlo? Questa domanda cambia radicalmente il nostro modo di praticare.

 

5-  Perché hai iniziato ad insegnare Yoga?

Perché la vita mi ci ha portato. L'occasione di condividere ciò che ho ricevuto è un dono che non posso tenere per me. E' come tenere solo per sé l'amore, appassisce. Non me lo sono mai prefissato come scopo. La mia insegnante mi esortò ad approfondire e in lei ripongo grande stima e fiducia, il resto si è evoluto poi pian piano.

 

6-  Noto uno stampo fresco e contemporaneo in generale: dal sito alla vostra grafica, immagini, interazioni con Fb,ecc. Uno stile che si discosta dal metodo tradizionale di presentare una scuola di yoga che alle volte risulta un po’ “da invasati”. E’ una scelta voluta?

 

Si, certo. Una scelta vicina anche all'esperienze che ho fatto fuori dall'Italia. Credo che ci sia una volontà chiara di sentire lo Yoga come una pratica che è qui, ora, in questo momento e in Occidente con tutto quello che questa vita comporta. E' importante che la pratica abbia una comunicazione adeguata all'epoca in cui ci troviamo; lo yoga è presente e non una messa in scena di qualcosa che è trascorso. Il linguaggio, l'accessibilità, i codici e la contemporaneità sono fondamentali per comunicare e trasmettere.

La filosofia che soggiace alla pratica Yogica ritengo vada trasmessa nel contesto in cui si vive inserendosi in modo fluido e organico nella vita quotidiana e urbana di oggi. Non in un eremo lontano, con il massimo rispetto per chi sceglie una via ascetica, ma qui e ora alla portata della vita di tutti.

Ci terrei anche a ricordare che [hohm] vive di uno splendido team di giovani appassionati in continua ricerca e sperimentazione quali sono i miei compagni di viaggio: Elena, Jonathan e Giovanna e dell'estro culinario di Manuel aka Unocookbook.

 

7-  Cosa trasmetti ai tuoi allievi nelle tue lezioni? Qual è la cosa che a tuo avviso è più importante insegnare?

Questo dovresti chiederlo a loro (sorriso).Cerco di trasmettere quello che ho ricevuto,  avere fiducia in quello che siamo e sentiamo. Imparare ad arrendersi e a lasciare andare. Affidarsi e conoscere la compassione. Provare ad ascoltare senza pensare.

La cosa più importante credo sia guardare senza dover decidere da che parte stare, non cercare alcuna supremazia tra mani e piedi, corpo o mente ma vivere appieno ciò che siamo in tutto il nostro potenziale. Essere le scelte che facciamo e  le parole che esprimiamo.  Sorridere.

 

8-  Cosa secondo te è più frainteso in generale della pratica dello Yoga nel mondo Occidentale?

 

Credo che la cosa più fraintesa sia quello di affidarsi allo Yoga vivendolo come un nuovo rituale dal gusto esotico che ci renderà indenni da dolori e infelicità. Certo, lo Yoga porta grandissima gioia ma non è uno scudo che ci rende immuni dalla vita stessa e dai suoi cicli naturali. É una filosofia, una disciplina che ci insegna a cogliere in piena consapevolezza le opportunità che la vita ci offre. Una mente flessibile in un corpo sano capace di adattarsi e  trasformarsi ,in equilibrio e sintonia con l'universo di cui siamo parte.

Un altro pericolo all'interno della pratica credo sia non accettare quello che siamo per cercare di raggiungere un risultato che é altro da noi, dimenticare che lo yoga è il fine, il mezzo e la pratica stessa é la ricompensa.  Confondere la pratica con una gabbia, uno schema al quale aderire o entro il quale rientrare anziché vedere nella pratica un coraggioso cammino per scoprirci e riconoscerci identici in tutte le nostre differenze. Trasformare le nostre esperienze in nuove regole é rischiare di guardare all'oggi con gli occhi di ieri. Sentirsi solo corpo o mente ci porta inevitabilmente a compararci agi altri e a noi stessi generando competizione, aggressività, insoddisfazione e una nuova ferita tra chi siamo e chi crediamo di  essere o di dover diventare.

 

9-  Cosa consigli alle persone che dicono “vorrei ma non me la sento di far Yoga perché non ho una buona preparazione fisica, non sono molto flessibile, non mi piego abbastanza, sono troppo vecchio, ecc.

 

Penso che corpo, età o flessibilità siano fattori irrilevanti per lo Yoga.

A ogni età e con qualsiasi corpo si può praticare in modo adeguato e con rispetto del corpo in quel preciso momento della propria vita. Io consiglio sempre di provare, di esperire e di non affidarsi a preconcetti, a opinioni o a quel che si è sentito dire. Di usare un poco il cuore e non la testa, di avere coraggio e darsi una opportunità prima di giudicare. Lo yoga non è quello che tu pensi ma quello che senti.

 

10-  Può lo Yoga cambiare la vita delle persone? E in che modo ha cambiato la tua vita?

 

Se può la consapevolezza di ciascun individuo cambiare il mondo pensa allora come  la consapevolezza di un solo individuo possa cambiare il suo piccolo mondo.

Si certo la mia vita è cambiata, sono qui ora e non più là. :)

 

BOTTA E RISPOSTA: UNA DOMANDA – UNA PAROLA COME RISPOSTA

 

1-           L’Asana che preferisci di più_ Sirshasana

2-           Lo stile di yoga che senti più tuo_ quando pratico provo a dimenticarmi di mio e tuo e comunque non li ho ancora provati tutti ma ti terró aggiornato.

3-           Un libro utile (in generale)_ “Libertà dal conosciuto” di Krishnamurti

4-           Un viaggio utile_ tutti

5-           Una citazione o una tua frase utile_ “quel che resisti persiste, quel che accetti si trasforma” Anonimo

6-           Un consiglio per chi pratica Yoga_ Non dimenticare di ascoltare il tuo respiro

7-           La cosa da evitare per chi pratica Yoga_ nulla, esperire é conoscere.

8-           Cosa ti rende felice quando insegni_ distaccarmi completamente dal mio quotidiano, da Marco,  sentire l'unione di tutti i respiri e l'arresa di tutte rivendicazioni individuali.

9-           Colore preferito_ blue ma anche verde

10-          Una bevanda che consigli a tutti_ Ginger + Lemon + Honey

 

 

 

Il centro [Hohm] street Yoga lo trovate in Via San Calocero, 3 Milano.

Web: http://hohmstreetyoga.com/  - MM SANT’AMBROGIO/SANT’AGOSTINO

 

Namasté,

 

Vittorio Pascale

 

Allievo praticante di Yoga Integrale presso il Centro Parsifal Yoga, Milano

Fondatore della pagina Fb: Yogamando

Studioso e praticante di Buddhismo Tibetano

 

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Vorrei sapere perché gli uffici stampa mi chiedono se ho pubblicato la notizia su un giornale cartaceo?  soprattutto per disturbi neurologici.

Quello che accade ancora oggi in larga scala, purtroppo, è  porre "rimedio" a patologie quali schizofrenia, ansia, esaurimento, panico, etc. con ansiolitici molto forti.

In questo modo si cerca di rasserenare la mente del sofferente.

Sicuramente, in situazioni di dolore acuto, questo tipo di trattamento può aiutare, ma con il passare del tempo provoca danni irreparabili al cervello, non risolvendo così il problema, anzi aggravandolo.

Dalla metà degli anni 60  fino al 1975 la guerra del Vietnam segnò un triste e vergognoso capitolo della storia umana. Una guerra inutile, cruda e prepotente, che si concluse con un massiccio sterminio di esseri umani su tutti i fronti.

I soldati americani, convinti dai media ad arruolarsi per difendere la propria bandiera, non impiegarono molto tempo a rendersi conto che erano diventati macchine della morte per motivazioni assurde e inesistenti.

Uccidere sempre, anche contro la propria morale, e subire per questo amputazioni, crolli nervosi e violenze lasciò in moltissimi di quei marines danni che ancora oggi sono presenti nelle loro vite.

A quel tempo i reparti neurologici e psichiatrici degli ospedali americani si riempirono a dismisura.

Insonnia, incubi, esaurimento nervoso, ansia, panico, schizofrenia e molto altro si impadronirono delle vite dei militari.

Un team di illuminati medici californiani si rese conto che le cure farmacologiche non potevano e non dovevano essere la soluzione.

Si impegnarono così nella ricerca di rimedi meno dannosi e capirono che alcune tecniche di massaggio portavano beneficio ai malati, soprattutto a livello psicologico.

Da qui l'idea di creare un trattamento vero e proprio, ad hoc, per queste situazioni gravi.

Un massaggio creato a tavolino, studiato nei minimi particolari che potesse far riprendere contatto con il proprio corpo e la propria anima, che rilassasse in maniera profonda e lasciasse una luce di speranza in chi riceveva questo trattamento.

Dalle tecniche di massaggio conosciute all'epoca (ayurvedico, shiatsu, thai, svedese, etc.) vennero utilizzate le manovre ritenute più idonee per poter assemblare un trattamento che portasse il ricevente in uno stato di immenso rilassamento fino a fargli dimenticare i danni subiti, le sue ansie, le paure, ridare fiducia e speranza.

Il massaggio californiano nasce così!

Movimenti molto leggeri lungo tutto il corpo, a fior di pelle, ipnotici, lenti, ripetuti diverse volte creano uno stato di sonno-non sonno tipico degli alti stati di meditazione.

Chi riceve questo tipo di trattamento non resiste al desiderio di lasciarsi andare, abbandonarsi al riposo mentale, al sonno della ragione.

Ciò che rimane, oltre al profondo stato di rilassamento, è una positiva attitudine verso le proprie situazioni di vita ed emozioni. Certo, i problemi ci sono e rimangono, ma è proprio il modo con il quale le difficoltà vengono affrontati che cambia radicalmente.

Una carica di positività, speranza ed energia non solo mentale, ma anche fisica, aiuta la persona a riprendere in mano il controllo della propria esistenza.

Ancora oggi il massaggio californiano è molto ricercato per i benefici che porta e sono sempre di più i medici, gli psichiatri e gli psicologi che lo prescrivono ai propri pazienti.

 

 

Le campane tibetane sono strumenti conosciuti forse da qualcuno che le ha adocchiate in qualche fiera e che apprezzandone la foggia le ha acquistate da tenere in esposizione in casa.

In realtà questi preziosi strumenti sono stati creati secoli fa dai monaci Bom del Tibet per il benessere fisico, mentale e spirituale dell'uomo.

Forgiate con una lega di sette metalli per un minimo di 36 ore di lavorazione continuate recitando dei canti specifici, le campane tibetane riproducono suoni ancestrali molto vicini ai mantra che riescono anche grazie alle loro vibrazioni, a portare in stati di profondo rilassamento.

La prima reazione che le persone hanno quando si sottopongono al trattamento con le campane è di piacevole sorpresa e divertimento. Il corpo al suo interno vibra. Non è come per molte altre discipline un caso di "ci credo o non ci credo". Quì gli effetti sono tangibili.

Il corpo umano è una cassa sonora ovvero è un vero e proprio strumento musicale e le campane tibetane sfruttano quello che in acustica viene chiamato "principio di risonanza" per alleviare dolori, sciogliere tensioni, contratture, ridurre le cisti, rigenerare i liquidi, portare pace, risolvere l'insonnia, allontanare le paure.

Il principio di risonanza acustica è un fenomeno per il quale vi è un'amplificazione di onde sonore da parte di uno strumento sonoro (in questo caso, come detto prima, il corpo umano) che riceve le onde da uno strumento che emette queste onde (le campane tibetane).

Tanto più vicini sono gli strumenti musicali e tanto maggiore sarà la propagazione delle onde sonore, l'energia che ne scaturisce si intensifica.

Se provate a mettere due chitarre una di fronte all'altra e ne suonate una vedrete che le corde dell'altra si muovono, suonano.

Un altro esempio è il bombardamento dei calcoli tramite gli ultrasuoni. Una ripetuta sequenza di emissione di ultrasuoni, per il principio di risonanza va a colpire i calcoli e li disintegra.

Nel caso delle campane tibetane sono i blocchi fisici e le contratture generate da nervosismo o preoccupazioni (pensate alle spalle) ad essere sciolte per prime. Una volta compiuto questo lavoro si va lavorare sulla psiche della persona che riceve il trattamento. Da qui lo scioglimento delle tensioni, delle ansie, etc.

Durante il trattamento la persona pur rimanendo vigile vive quello stato che viene definito "yoga nidra" ossia uno stato di profonda meditazione mai provato.

Non esistono controindicazioni legate al trattamento con le campane tibetane ma anzi i benefici sono molteplici. Oltre a quelli già descritti, tutti i problemi legati ad aritmie (sfalsati battiti del cuore) vengono trattati al meglio riportando i battiti ad un ritmo idoneo. Le cisti vengono ridotte di dimensioni (infatti viene disperso il liquido che le formano), etc.

Non ci sono limiti di età e patologie. Non bisogna spogliarsi e non si viene toccati se non dalle campane che vengono posizionate su punti precisi del corpo.

Nell'arco di tutto il trattamento la persona viene portata all'interno di se stessa alla volta di una visibile riduzione di stress, preoccupazione e ad un incontro con una calma che dura nel tempo.

 

Giovedì 21 febbraio prova gratuita di campane tibetane c/o "Toilet club", Via Lodovico il Moro 171, Milano

 

Massaggiatore e reflessologo plantare professionista

Massaggi ayurvedici, rilassanti, linfodrenanti, energizzanti, californiani, hot stone, per donne in gravidanza, di bellezza.

Trattamenti di campane tibetane.

 

telefono 349.4487760

www.massaggimilano.it

www.almamatters.it

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Se vuoi scriverle: direttore@nerospinto.it

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