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«Credo che, entro un margine di tempo relativamente breve, ci troveremo a dover fronteggiare un momento in cui sarà necessario e obbligatorio compiere una scelta che avrà a che fare con i reali motivi per cui ci troviamo al punto in cui ci troviamo e con le conseguenze delle strade che intraprenderemo.
Anche l'immobilità sarà scegliere, come pure il silenzio.
E puoi anche distrarti o chiudere gli occhi, che il gioco si compie comunque.
Forse vale la pena esserci, anche solo per vedere come va a finire.»
Queste le uniche parole che incontriamo nel viaggio melodico in cui ci accompagna Gionata Mirai, noto ai più come chitarrista de Il Teatro Degli Orrori, ma che qui conosciamo in una veste del tutto nuova e intima.
Come spesso accade nella vita tuttavia, poche parole non significano necessariamente assenza di contenuti, soprattutto quando è la musica a parlare.
“Allusioni” è un disco intenso e denso di pensieri, che obbliga l’ascoltatore a fermarsi e riflettere, un disco che non può essere sfondo, ma diventa, sin dal primo arpeggio, protagonista della scena.
Una chitarra, dodici corde, cinque tracce, per un totale di venticinque minuti di arpeggi in fingerpicking dal sapore folk e dal potere ipnotico travolgente.
L’idea di Mirai è vagamente Sartriana: rendere l’opera allo stesso tempo fruibile dall’ascoltatore e frutto della fantasia dello stesso, mettendo nelle sue mani la possibilità di creare, a partire dal disegno semplice che ha voluto lasciare tracciato, un mondo al di là delle palpebre, che non sia semplice rifugio dalla realtà, quanto piuttosto luogo in cui trovare quegli spunti di riflessione che possono aiutarci a migliorarla.
E quello che fa Gionata Mirai è offrirci il tempo per farlo, risorsa preziosa e quanto più rara nella società moderna.
“Allusioni” è un viaggio senza valigie lungo venticinque minuti che, se su disco riesce a pieno nell’intento, ascoltato dal vivo coinvolge e travolge ancora di più ogni avventore che ne riesca a cogliere l’"allusione" celata, per farne qualcosa di proprio.
Quando possiamo considerare un musicista un puro? Quando la sua carriera è scevra da ammiccamenti mainstream? Quando nessuna sua canzone è stata concepita per compiacere la massa? Nel caso di Nick Cave possiamo dire di essere di fronte ad un artista che fa musica (e letteratura) esclusivamente per se stesso, come estensione della sua personalità, del suo modo di concepire la musica e la vita. In molti rimproverano al musicista australiano di non fare uscire un disco degno della sua grandezza, dal 2001, tempo di “No more shall we part”. A parte c'è il progetto Grinderman, assoluto divertisement electro blues volutamente eccessivo e sfrontato.
Ora il Re inchiostro torna sulle scene dopo 5 anni dall’ultimo album con i Bad Seeds “Dig Lazarus Dig” con “Push The Sky Away”, il disco (dio lo ringrazi) che fa riemergere la formazione nella sua assoluta potenza lirica e musicale, con Cave che torna a narrare storie cupe e fragorose come solo lui sa fare, con quella solennità che solo i grandi storytellers musicali trasmettono.
Dentro le 8 tracce che compongono il disco la tensione è palpabile, onnipresente. Non c'è istante in cui ci si aspetti che il climax esploda, deflagri e sposti la melodia verso qualcos'altro, primordiale e grezzo. Ma non c'è spazio per il primordiale urlo dei Grinderman, qui siamo di fronte ad una musica meditativa e meditata, sempre in collisione con gli ammiccamenti di cui parlavamo prima. Un vestito nero essenziale, senza fronzoli che graffia sulla pelle. Dolci melodie che come il canto delle sirene, attirano e illudono; il tono è suadente, ma sotto ribolle un'inquietudine che stordisce, come il violino di Warren Ellis ci ricorda, disegnando atmosfere sinistre e inquietanti che ammantano ogni nota.
In questo senso “Water's Edge” è la summa: un basso poderoso e il violino stridente che supportano quella tensione che scuote anima e orecchi e la voce narrante che osserva distaccato il brivido dell'amore e avverte che inesorabilmente “tu diventi vecchio e diventi freddo”. “We are cool” si muove sugli stessi territori, con la sezione archi molto più presente, ed un altro straordinario momento d'ispirazione.
Poi la ballata ammaliante, “Higgs Boson Blues”, un blues oscuro costruito solo con una manciata di accordi, che vive di una progressiva crescita di intensità, un viaggio allucinato che si muove tra Ginevra e Memphis dove affiorano i fantasmi di Robert Johnson e la compagnia del diavolo.
In “Jubilee Street” canta: “sono da solo adesso, sono senza recriminazioni, sono in trasformazione, sto vibrando, sto brillando, sto volando, guardatemi adesso”. Lo guarderemo, eccome, l'11 luglio per l'unica data italiana del suo tour a Lucca. E voleremo con lui.
Il giovane trio vicentino lo scorso febbraio è arrivato finalmente nei negozi di dischi con il loro album d'esordio: “1991” e noi di Nerospinto ci siamo lasciati incuriosire dai Bad Black Sheep.
Il nome per chi mastica un po' la scena emergente italiana non suona del tutto estraneo, abbiamo infatti già sentito parlare di loro in seguito alla partecipazione dello scorso anno a Casa Sanremo, ma il vero successo arriva solo adesso e le aspettative nei confronti della nuova rock band vicentina sono molte.
Il gruppo originario di Vicenza inizia a suonare insieme dal 2006, già fermamente convinti di voler intraprendere il cammino del cantautorato, i tre ragazzi iniziano da subito a comporre testi e musica propria che porteranno in giro per l'Italia in molti concerti live e contest per band emergenti.
Dal 2006 al 2012 sono protagonisti di diversi concorsi nazionali nei quali ricevono numerosi riconoscimenti(Emergenza Festival, Rock Targato Italia, Different Music For Different People, Musica nel sangue, Jesolo Music Festival, Sotterranea Rock, Riverock, ecc.).
“1991” è il nome sia del primo singolo estratto e mandato in radio lo scorso maggio che del primo album edito per Valery records.
Il titolo si presenta come un chiaro omaggio all'anno di nascita dei tre componenti della band (Filippo Altafini voce solista e chitarra, Teodorico Carfagnini basso e seconde voci, Emanuele Haerens batteria) e sottolinea la volontà di raccontare l'universo che li ha formati e continua a stimolare nuove riflessioni.
L'album, che presenta una scaletta di 12 pezzi completamente scritti e pensati dai componenti del gruppo, fa emergere fin dalle prime canzoni lo stile rock e le influenze tipiche della musica americana degli anni '90.
I testi, maturi e carichi di grinta, parlano delle difficoltà della vita, della solitudine che spesso ci circonda e sopratutto della sfiducia nel futuro della generazione nata al tempo della prima guerra in Iraq.
L'amore per la grande musica italiana dalla quale traggono ispirazione viene sottolineato non solo dal titolo del secondo brano estratto: “Radio Varsavia”, evidente riferimento alla nota canzone di Battiato del 1982, ma anche dalla cover di un'altra famosa ballata del celebre cantautore siciliano “Cuccurucucù”.
Insomma un album dove si intravede la nostalgia, (o forse l'invidia?) per una giovinezza vissuta in un'altra generazione, quella dei genitori, dove forse gli stimoli forti erano maggiori e le grandi prospettive verso il futuro più motivanti.
Per concludere dunque con buona dose di giovane rock lasciamo a voi il compito di scoprirne di più:
http://www.myspace.com/badblacksheep
http://www.facebook.com/home.php?#/pages/Bad-Black-Sheep/37338443570?ref=ts
Per chi vuole lasciarsi alle spalle la grigia monotonia settimanale e mettersi in gioco in una serata da non perdere...
*Sabato 16 marzo dalle ore 23: MASTER & SERVANT - Vinci il concerto dei DEPECHE MODE a San Siro*
"There's a new game we like to play…domination is the name of the game!”
Ti senti più Master o più Servant? Qualunque sia la risposta questa è la serata che stavi aspettando.
In occasione dell'uscita di "Delta Machine", il nuovo disco dei Depeche Mode, il Toilet Club preseta un party dedicato alla new wave, agli anni 80 e ai rapporti di coppia un po' particolari…
...e il gioco non finisce qui: in palio ci sono 3 BIGLIETTI per il concerto dei DEPECHE MODE (prato), il 18 luglio allo stadio San Siro!
Partecipare è semplice: ad ogni cocktail acquistato è associato un biglietto con un numero e durante la serata verranno estratti i tre vincitori.
Dj set di Erik Deep, LoZelmo e Alessio Pulp
Link dell'evento:
https://www.facebook.com/events/484403414958860/
TOILET CLUB
via Lodovico il Moro 171, Milano
INGRESSO GRATUITO con tessera ARCI, ARCIGAY, ARCILESBICA, UISP
Non hai ancora la tessera ARCI? Richiedila a: www.circolotoilet.it/tessera
Sei metereopatico? Il male di vivere ti insegue? Non sopporti le mezze stagioni e il polline delle mimose ti fa venire l'urticaria? Bene, il Dottore sà come curarti.
Torna questa settimana l'appuntamento mensile con l'associazione Gaia360° che presenta la one night “My Doctor says party” e noi di Nerospinto non possiamo certo perderci un check up completo!
La cura ad ogni male la trovi sabato 9 marzo presso l'HD Disco.
Interventi a cuore aperto e iniezioni musicali elettro lolly candy pop by Mary K & Shener.
Special Guest in sala rianimazione: Hell's Shoes Djs che ritroveremo in consolle settimana prossima per l'inaugurazione del nuovo ristorante Tayo di viale Monza 23.
Ingresso 10€ con consumazione A seguire birra 5€ / drink 7€
Info map: Via Enrico Caruso, 7 20133 Milano
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MY DOCTOR SAYS PARTY!:http://www.facebook.com/MyDoctorSaysParty
Kernkraft 400 è un pezzo che conoscono tutti. La melodia, ripresa dal videogioco Lazy Jones per Commodore 64, si è imposta nell'immaginario dance dal 1999, aprendo le porte del nuovo millennio al nuovo progetto del tedesco Florian Senfter, già conosciuto come Splank!, Zombie Nation. Le atmosfere techno, ritmi inquieti, tastieroni e vocoder hanno immortalato un'istantanea di quegli anni, ascendendo mr. Senfter a icona indimenticabile; non è un caso che a credere in lui per la prima volta sia stato Dj Hell con la sua Gigolò Records.
Il primo disco è molto underground e già dalla copertina dell'album si capiscono le intenzioni: la foto di base è la stessa di Nevermind, dei Nirvana, il bambino, però, è capovolto e l'acqua è rossa, sullo sfondo quattro ombre in attesa. Un album di rottura, di capovolgimento, a metà tra techno old school e nuovi beat, il tutto accompagnato da melodie ipnotiche e un vocoder imperdibile, molto simile allo stile di Anthony Rother. A quattordici anni di distanza esce il quinto album, RGB, e si capiscono le qualità di un artista intramontabile. Se dovessimo prendere il primo e l'ultimo album, ascoltarli di seguito e dover dare un giudizio, è chiaro che Splank! ha saputo innovarsi, ricercarsi e ha al meglio trovato uno spazio nel nuovo universo della musica elettronica. Ma quattordici anni non possono passare inosservati e dovendo scrivere un articolo a tutto tondo sull'artista, bisogna che mi soffermi a capire cosa è successo in questo decennio.
L'esordio con la Gigolò ha funzionato e nel giro di quattro anni il giovane è proiettato in una spirale di contaminazioni e sperimentazioni che gli permettono di produrre il secondo album Absorber, nel quale riversa tutt'altri stili e si apre a un genere più electro, a tratti esotico, mantenendo però i tratti distintivi come il vocoder e, in alcune tracce, le atmosfere old school.
Ma è nel 2006 che avviene la magia. Le tracce del terzo album, Black Toys, sono corpose, dure, e si ritorna un po' al sound degli esordi, ma con una netta influenza più house; notiamo anche la scomparsa del vocoder che viene sostituito da campioni nella maggior parte dei casi. Tech-house che lo porta a incontrarsi con il gigante Tiga, con cui fonda nel 2007 il progetto parallelo ZZT (e di cui abbiamo diversi Ep più che validi), in una commistione di generi tra l'house, l'elettro e forse una spruzzata di elettroclash. Non sorprende che il progetto sia un successo immediato e l'album Lower State of Consciousness viene nominato album del mese da MixMag.
Passano tre anni di tour in giro per l'Europa e il mondo e finalmente esce l'attesissimo Zombielicious. Un capolavoro che segna il passaggio in una nuova era per il dj tedesco. Le tracce sono tutte cariche di una nuova vitalità che si esprime in un beat frenetico e bassi da far tremare le pareti, in un vorticoso richiamo al suo vecchio stile, ma con tutta una nuova propensione per l'elettro e la teatralità, tra altri e bassi che richiamano uno stile inedito. Basti sentire pezzi come Seas of Grease e Mas De Todo per rendersene conto. Tra le contaminazioni, troviamo anche una punta di elettrofunk, in canzoni come Radio Controller, in cui la fa da padrona una melodia distorta in wha wha e un cantato pulito e molto in sintonia con lo stile di Tiga. Così si conclude l'ultima fatica di questo gigante dell'elettronica. Con RGB, l'ultimo disco che raccoglie sotto le sue 15 tracce un misto di tutte le esperienze passate con l'aggiunta di un punto di vista più violento, forse ispirato a qualche francese come Brodinsky(?).
https://soundcloud.com/turborecordings/sets/zombie-nation-rgb-1
Il suo precedente dj set, ormai un anno fa al Tunnel di Milano, me lo ricordo così: luci soffuse, lampi sulla sfera stroboscopica, tuoni nelle orecchie e io che non mi reggo in piedi. Le impressioni del momento sono molto importanti e quella sera marcai a fuoco nel cervello la bravura di questo dj, la sua tecnica e maestria, tra un passaggio e l'altro, mai scontato, sempre coerente e ovviamente esageratamente pesto. Il giorno dopo avevo un gran mal di testa, ma ero sicuro di aver vissuto un'esperienza indimenticabile, e forse in quello stato mentale alterato son riuscito a godermi meglio lo spettacolo, tra bassi che mi penetravano le viscere e synth che mi risollevavano da uno stato catatonico verso un paradiso di fumo artificiale e neon.
Zombie Nation, questo venerdì sarà al Tunnel Club di Milano, ospite per la serata di Le Cannibale. Io ci farei un pensierino!
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