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Morgan, personaggio eccentrico e fuori dalle righe, polistrumentista e cantautore, fondatore dei Bluvertigo, arriva al Teatro Manzoni di Milano con la sua ultima fatica letteraria.
Il photo album di Chloë Sevigny esce dal cassetto e diventa un libro con lo stesso titolo
Testament of Youth è un classico della letteratura inglese, la storia insieme intima ed eroica di un’intera generazione narrata da una donna fuori del comune, Vera Brittain.
A Milano Andrea Leccese presenta il suo ultimo libro, Inciucio Forever, sui volta gabbana (e non solo) della politica nostrana.
Al teatro Elfo Puccini arriva un classico del Novecento: “Morte di un commesso viaggiatore”, in prima nazionale al teatro meneghino, all’interno del programma “Autunno Americano”.
Elio De Capitani, regista e protagonista, si confronta con l’opera di Miller dopo il lavoro su Tennessee Williams, per proseguire una personale riflessione sulla vita d'oggi e sul tema dei rapporti tra giovani e adulti attraverso la drammaturgia americana d'ogni epoca.
Accanto a lui nel ruolo della moglie Linda Loman, la sua compagna d'arte e di vita Cristina Crippa, protagonista dei suoi recenti allestimenti di Improvvisamente, l’estate scorsa e della Discesa di Orfeo; i figli dei protagonisti (Biff e Happy) sono interpretati da Angelo Di Genio e Marco Bonadei, giovani attori dell'applauditissimo gruppo di The history boys, come lo sono anche Vincenzo Zampa (Howard) e Andrea Germani che è Bernard, il figlio di Charlie, l'amico-antagonista, interpretato da Federico Vanni. Da History boys arriva anche Gabriele Calindri, da alcuni anni presenza costante nelle produzioni dell'Elfo, che qui è lo zio Ben. Due giovani attrici completano il cast: Alice Redini (già protagonista all'Elfo in Viva l'Italia) e Marta Pizzigallo, premio Hystrio 2013.
Miller racconta gli ultimi due giorni di vita di un commesso viaggiatore, prima del suo suicidio, riuscendo a mettere in luce, oltre alla precarietà della sua condizione socio-economica il dramma di un fallimento esistenziale. Brillante venditore dalla lingua sciolta, Loman si ritrova improvvisamente incapace illudersi e illudere, distruggendo così la propria carriera e ritrovandosi escluso dal grande “sogno americano” che aveva sempre inseguito.Ormai incapace di stare nella realtà - con i piedi ben piantati "sui gradini della metropolitana" - Willy non distingue più tra presente e passato, sogni e ricordi, tra quanto si agita nella sua testa (il titolo avrebbe dovuto essere proprio The inside of his head) e la vita vera. Per mettere in scena questo groviglio di emozioni, Arthur Miller sceglie una via totalmente innovativa: tutto quello che "accade" nella mente di Willy, viene messo concretamente in scena, senza distinzioni tra flash-back, ricordi o visioni future.
La regia e l'interpretazione di De Capitani seguono questa strada, come anche la scena di Carlo Sala che non individua luoghi deputati, ma ridisegna il palco con una parete obliqua, da cui emergono pochi elementi e arredi, per definire uno spazio (e un tempo) che è mentale e fisico, dentro e fuori, presente e passato.
Morte di un commesso viaggiatore
di Arthur Miller
traduzione di Masolino d'Amico
regia Elio De Capitani
scene e costumi Carlo Sala
luci Michele Ceglia
suono Giuseppe Marzoli
con Elio De Capitani, Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Federico Vanni (sostituito da Massimo Brizi a partire dal 21 gennaio), Andrea Germani, Gabriele Calindri, Alice Redini, Vincenzo Zampa, Marta Pizzigallo
produzione Teatro dell'Elfo
Elfo Puccini, sala Shakespeare,
corso Buenos Aires 33, MI
Da venerdì 10 gennaio a domenica 2 febbraio
Martedì/sabato ore 20:30, domenica ore 16:00
Prezzi: intero € 30.50 - ridotti € 27 e € 16 - martedì € 20
Isabella Blow: Fashion Galore!
Il 20 Novembre verrà inaugurata alla Somerset House di Londra, in collaborazione con la Isabella Blow Foundation e la Central Saint Martins, una mostra interamente dedicata a una delle donne più eclettiche del Fashion system: Isabella Blow. Una mostra fotografica, curata da Nick Knight, che ritrae la vita e l’amore della Blow per tutto ciò che riguardava la moda e i vestiti, in modo particolare i cappelli: accessorio immancabile nel suo guardaroba. Non c’è stato evento mondano o giorno di vita quotidiana in cui lei non ne indossasse uno, quasi come una seconda pelle, un pezzo del corpo da cui non poteva separarsi. Un oggetto che le permetteva di creare uno schermo tra lei e il mondo: “è per questo che indosso i cappelli, per tenere tutti lontano da me. La gente dice ‘Posso baciarti?’ e io rispondo ‘No, grazie mille. Questo è il motivo per cui indosso il cappello. Arrivederci’. Non voglio essere baciata da tutte le persone. Voglio essere baciata dalle persone che amo.”
Isabella Blow nasce il 19 Novembre 1958, col nome di Isabella Delves Broughton e divenne una delle fashion editor più importanti al mondo. Icona di uno stile unico ed eccentrico, ha fatto della moda non soltanto una carriera ma tutta la sua vita. Una vita segnata da eventi tragici a partire dalla morte del fratellino in piscina fino al suicidio del nonno, quasi un destino preannunciato: la Blow si suiciderà nel 2007. Inizia la sua carriera nel mondo della moda a fianco di Anna Wintour come sua assistente a Vougue negli anni ’80. Nel 1986 si trasferisce a Londra dove inizia a lavorare per il Tatler. Divorziata dal primo marito, nel 1988 sposa il secondo marito, Detmar Blow nella Cattedrale di Gloucester e fu in questa occasione che sfoggiò il primo cappello creato appositamente per lei da Philip Traecy. Una collaborazione che durerà tutta la vita. Isabella, per gli amici Issie, fu una grande talent scout: scoprì stilisti geniali come Alexander McQueen e modelle bellissime come Stella Tennant e Sophie Dahl. Nel 1997 diventa Fashion Director del Sunday Time Style ed infine nel 2001 ritorna al Tatler come Fashion Director. Una donna che affascinò l’interno mondo della moda, della fotografia e dell’arte, una personalità fortissima ed un gusto personale. Durante un’intervista a Lady Gaga sul numero di Marzo del 2011 di Vogue la cantante ha affermato che: “Ricordo che quando ho iniziato a fare i servizi fotografici le persone mi dicevano, ‘Mio Dio, assomigli moltissimo a Isabella Blow, la cosa mi spaventa.”
Quei cappellini da lei tanto amati facevano da cornice non soltanto al suo volto imperfetto nella sua atipica bellezza, ma creavano uno sfondo colorato nella sua vita dolorosa: soffrì di depressione e le venne diagnosticato un disturbo bipolare. Muore il 7 Maggio 2007 avvelenata da un erbaccia a Gloucester, dopo 7 tentativi di suicidio. Ruper Everett disse durante il suo funerale: “ Per qualcuno è stato suicidio, lei era costantemente impressionata dalla vita,e la vita era costantemente impressionata da lei. Tu eri unica, un’amica geniale, le tue creazioni uniche in un mondo di copioni e mi mancherai per il resto della mia vita.”
“Mio amato, sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere.” (Virginia Woolf)
Figlia di uno scrittore e di una modella, Virginia Woolf fu educata in casa come voleva la tradizione vittoriana, a contatto con alcuni dei maggiori esponenti della letteratura inglese del suo tempo come T. S. Eliot e Henry James. Fu presto evidente ai genitori e agli illustri visitatori di Hyde Park Gate 22, che Virginia avesse un particolare talento per la narrativa e la poesia con una spiccata inclinazione ad acute osservazioni di natura critica. Vittima di abusi da parte dei fratellastri e ben presto orfana, Virginia cadde in depressione e prima dei vent’anni tentò il suicidio. Da qui iniziò una serie di episodi psicotici che, purtroppo, caratterizzarono tutta la sua esistenza. Da una parte la Woolf fu una donna estremamente forte e caparbia, fondò insieme ai fratelli Toby e Vanessa il Bloomsbury Group, circolo letterario che, con le sue “Serate del giovedì”, dettò cultura nella Londra dei primi anni del 1900, fondò con Leonard Woolf, suo marito, la Hogarth Press, casa editrice di autori quali Svevo, Freud, Eliot, Joyce, Mansfield, militò tra le Suffragette, insegnò alle operaie delle periferie a leggere e scrivere con corsi serali gratuiti.
Dall’altra parte fu una donna fragile e instabile, vittima di un continuo disagio nei riguardi della sua epoca della quale non si sentì mai partecipe. Vivendo in un continuo stato di inadeguatezza e depressione tentò il suicidio ripetutamente fino a togliersi definitivamente la vita, nel 1941, a Rodmell nel Sussex, annegandosi in un fiume.
Grande fu la produzione letteraria di Virginia Woolf: il suo capolavoro, Mrs. Dalloway, divenne manifesto delle donne di una intera epoca. La Woolf era schietta, sincera, metteva sulla carta le preoccupazioni e le paure di tutte le donne, senza veli, vergogne o ipocrisie. Era facile immedesimarsi nelle sue opere anche se di difficile comprensione e di estrema difficoltà critica. Quante volte, leggendo To the lighthouse, abbiamo percepito la malinconia di Mrs. Ramsey, che mentre cuce un paio di calze per un bambino riflette sulla sua intera esistenza, sugli errori, i rimpianti, le debolezze e le oscurità dell’animo femminile. Quella malinconia è la stessa di ogni donna, che immersa nella quotidianità, mentre decide che caffè prendere al supermercato o aspetta la metropolitana, ha una mente inarrestabile e instancabile, un flusso di pensieri costante e violento.
La Woolf fu una pioniera, una dona in grado di stare fra gli uomini e comportarsi come loro, (ebbe anche una relazione omosessuale), una donna che mantenne la sua sensualità e particolare bellezza senza però abbassarsi alle convenzioni che relegavano la figura femminile in un angolo. Volubile e estremamente sensibile odiava gli uomini per il loro ruolo prevaricante e dominatore all’interno della società, ma non poteva fare a meno di confrontarsi con le loro menti brillanti e vivaci, di sottrarsi al loro richiamo carnale, di volerne capire la natura.
Noi di Nerospinto abbiamo scelto Virginia Woolf per la sua contemporaneità e perchè amiamo gli eroi romantici, per il suo impegno libertario a favore dei diritti civili e per la parità dei sessi. Siamo rimasti affascinati dalla sua capacità di intessere amicizie durature con donne originali come quella con Vita Sackville West, con la quale ebbe una intensa relazione tale da ispirarla per la stesura del capolavoro Orlando.
Nerospinto consiglia inoltre la lettura dei libri
Thomas Szasz “La mia follia mi ha salvato”. La follia e il matrimonio di Virginia Woolf”, a cura di S. Petrilli, Spirali Editore, 2009
Richard Kennedy, “Avevo paura diVirginia Woolf”, Guanda, 2009
e la visione dei film:
The Hours, di Stephen Daldry, basato sul romanzo di Michael Cunningham. Con Nicole Kidman, Meryl Streep e Julianne Moore. 114 min, 2002
Orlando, di Sally Potter, basato sul romanzo di Virginia Woolf. Con Tilda Swinton. 93 min, 1992
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