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Sold out per la vocalist e autrice lucana Claudia Cantisani, che per la quarta volta ha calcato il palco del Blue Note Milano. Accompagnata da un nutrito e variegato ensemble di musicisti Cantisani ha presentato il suo terzo album in studio, Sabrina sul petrolio, appena uscito su etichetta La Stanza Nascosta Records.

Tailleur rosa pastello, canotta bianca, collana etnica e scarpa bassa, Cantisani- con un bicchiere di vino bianco a celebrare la natura di vera e propria festa in musica dello spettacolo, niente formalismi e trascinante autenticità- ha letteralmente stregato il pubblico con il suo fare da antidiva per eccellenza; voce inarrivabile, carisma raro e una felice vena intrattenitrice.

Quasi una grande famiglia la sua “folle big band”( per citare la splendida “Un paradiso del jazz”), un insieme di musicisti di razza, orchestrati da una Cantisani nelle vesti di padrona di casa/performer dai mille registri, in equilibrio tra raffinatezza e contagiosa energia.

Le veci di Alessandro Haber; “interprete maschile tutto genio e sregolatezza di una storia dannatamente romantica, Sabrina sul petrolio, con un epilogo di inevitabile, prosaica, carnalità” (per citare la nota stampa di Claudia Erba) le ha fatte Felice Del Vecchio, fedele spalla di Claudia, a suo agio anche nelle vesti di interprete, oltre che virtuoso del pianoforte e, più in generale, polistrumentista, arrangiatore e coautore dei brani di Cantisani.

L’istrionico Andrea Agresti ha affiancato Cantisani sul palco nella rilettura della caputiana Blu Elettrico ( una versione particolarmente intensa, che non ha fatto rimpiangere quella originale) e nella riproposizione della godibilissima Fredaster: interplay sorprendente, degno dei fasti del varietà italiano. Un plauso a Cantisani e Agresti, affiatatissimi, al fenomenale apporto dei musicisti e delle due giovani, splendide coriste, Micaela Giungato e Linda Bocchiola.

Vagheggiamento passatista e nuova modernità, indagine antropologica e una fortissima carica ludica in un repertorio che sorprende per coerenza e bellezza; un ventaglio di piccole e grandi storie leggere (ma non troppo), con picchi di assoluta poesia (pensiamo, solo per citarne una, alle intime risonanze smosse da “Quel gusto maledetto”, che nell’interpretazione magistrale di Cantisani non può che commuovere profondamente.)

Particolarmente emozionanti le incursioni nel repertorio di Lucio Dalla (Una casa in riva al mare) e Pino Daniele (Anima), che nella versione di Cantisani acquistano colori inediti. Merito di una voce che ha la padronanza assoluta della melodia del pezzo, e che di rado resta nella comfort zone del “tema”, regalando invece infinite variazioni.

Un’artista completa, Claudia Cantisani, penna e voce formidabili, verve da animale da palcoscenico ed una innata assertività gestuale.

Nel pubblico sembra diffondersi una benefica ebbrezza, insinuarsi-magicamente- una promessa di felicità, quasi un piccolo miracolo che si ripete ad ogni esibizione di Claudia.

Non ci resta che aspettare la prossima data live. E sarà- di nuovo- Musica.

 

Formazione:

Felice Del Vecchio: piano

Tony Arco: batteria

Caterina Crucitti: basso

Moreno Falciani: sax, flauto e clarinetto

Sergio Orlandi: tromba

Micaela Giungato e Linda Bocchiola: coriste

 

LINA CAVALIERI

Milano sotto le stelle del jazz con Giulia Malaspina: nuovo album e concerto al Blue Note|||

“Il mio concerto al Blue Note di Milano del 26 maggio? Un sogno che si realizza. È un palco dove suonano i grandi artisti... E poi le persone come me”. L'umiltà, insieme alla bravura, è il tratto caratteristico di Giulia Malaspina, uno dei talenti più brillanti del jazz italiano.

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Mercoledì 5 settembre, al Blue Note di Milano, la musica dal vivo incontrerà la calma e la meditazione dello yoga per la Blue Note ZEN Night. Un evento unico in cui sarà possibile apprezzare anche la ristrutturazione estiva del locale.

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Da oggi, 2 novembre, fino al 12 il Blue Note Milano presenta Jazzimi, il fantastico festival con concerti di artisti internazionali, una mostra e altre iniziative davvero speciali.

Grandi debutti all’Elfo Puccini: Aldo Morto e Educazione Siberiana saranno in scena fino a domenica 2 Marzo nel teatro milanese.

 

Il primo spettacolo che debutta il 24 Febbraio nella Sala Fassbinder dell’Elfo Puccini è Aldo Morto con la regia, drammaturgia e interpretazione di Daniele TImpano, con la collaborazione artistica di Elvira Frosini. Vincitore del Premio Rete Critica 2012, segnalazione speciale Premio IN - BOX 2012 e finalista al Premio Ubu 2012 come “migliore novità italiana” si presenta come un evento imperdibile.

L’attore protagonista, giovane negli anni del tragico sequestro di Albo Moro, non ha alcun ricordo personale del periodo storico ma si confronta con l’impatto che questo evento ha avuto nell’immaginario collettivo. Una scena molto minima: il suo corpo, pochi oggetti e la volontà di affondare fino al collo in una materia spinosa e delicata senza alcuna retorica o pietismo.

«Desolato, io non c'ero quando è morto Moro» afferma Daniele Timpano. «Aldo è morto senza il mio conforto. Era il 9 maggio 1978. Non avevo ancora quattro anni. Quando Moro è morto, non me ne sono accorto. Ma dov'ero io quel 9 maggio? E cosa facevo? A che pensavo? E soprattutto a voi che ve ne importa? È una cosa importante cosa facevo e che pensavo io a tre anni e mezzo? Aldo è morto, poveraccio. Aldo Moro, lo statista. Che un certo Moro fosse morto l'ho scoperto alla televisione una decina di anni dopo, grazie a un film con Volontè. Un film con Aldo morto. Ci ho messo un po' a capire fosse tratto da una storia vera. Oh, mio Dio! Hanno ammazzato Moro? E quando? Perché? E come? Lo hanno trovato nel bagagliaio di Renault 4 rossa, undici colpi sparati a bruciapelo addosso. Oh, mio Dio! Hanno ammazzato Moro! Brutti bastardi. E vabbè, pazienza. Niente di importante. Cose che capitavano negli anni '70. Bisognava fare la rivoluzione. Chi? Brigate rosse. Era il 9 maggio del 1978. Non avevo ancora quattro anni. Brigate rosse, sì. Ma rosse in che senso?».

E così con Aldo Morto ci consegna la pièce più coraggiosa e sensazionale, ma anche più irritante, che la scena teatrale italiana ci abbia regalato negli ultimi anni.” scrive Katia Ippasso, Altri. La sinistra Quotidiana.

 

 

Il secondo spettacolo che debutta il 25 Febbraio in sala Shakespeare dell’Elfo è Educazione siberiana di Nicolai Lilin e Giuseppe Miale di Mauro, con la regia Giuseppe Miale di Mauro con Luigi Diberti e con Elsa Bossi, Ivan Castiglione, Francesco Di Leva, Giuseppe Gaudino, Stefano Meglio, Adriano Pantaleo, Andrea Vellotti.

Il grande successo letterario di Nicolai Lilin è stato stravolgente: venduto in 24 paesi stranieri e tradotto in 19 lingue, è diventato un film diretto da Gabriele Salvatores. Il libro è il crudo resoconto di ciò che significa per l’autore far parte degli Urka siberiani: uomini che si definiscono “criminali onesti”, gente motivata da un’etica forte e antica, capace di brutalità ma anche di esprimere un codice etico che paradossalmente si dichiara incorrotto. Educazione Siberiana si presenta come un moderno romanzo di formazione.

L’adattamento teatrale dello spettacolo si articola intorno alla storia di due fratelli, molto diversi tra loro: il primo è Boris, quello giusto, quello legato agli insegnamenti della tradizione siberiana, quello che rispetta gli anziani e che cerca di somigliare in tutto a loro. Il secondo è Yuri, quello ribelle, quello con lo sguardo proiettato al futuro, quello pronto ad infrangere ogni regola e a tradire la sua stessa famiglia per amore del Dio denaro, quello rapito dal mito americano.

In mezzo ai due fratelli il vecchio Nonno Kuzja cerca di far resistere la tradizione dei criminali onesti, nonostante il devastante impatto della società con il moderno delirio del consumismo occidentale.

La storia di Boris e Yuri rappresenta metaforicamente il modello del tipico conflitto che si sviluppa nel periodo post sovietico sia dentro una singola persona che nella società intera. La fine dell’URSS e i fattori politico-sociali hanno creato il caos nel popolo stremato dalla dittatura e affamato di libertà, quella libertà che ha spinto le persone verso atti estremi fino al drammatico degrado delle anime.

 

Due spettacoli caratterizzati da storie drammatiche, profonde e coinvolgenti vi aspettano dal 24 Febbraio all’Elfo Puccini.

 

Aldo Morto 

Elfo Puccini, corso Buenos Aires 33 - Martedì /sabato ore  21, domenica ore 16.30 - Prezzi: intero € 30.50 - ridotti € 27 e € 16 Martedì € 20 - Info e prenotazioni: 02/0066.06.0602/0066.06.06 - www.elfo.org

 

Educazione Siberiana

Elfo Puccini, corso Buenos Aires 33 - Martedì /sabato ore  20.30, domenica ore 16.00 - Prezzi: intero € 30.50 - ridotti € 27 e € 16 Martedì € 20 - Info e prenotazioni: 02/0066.06.0602/0066.06.06 - www.elfo.org

 

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Cosa siamo se non il frutto della nostra educazione? Siamo quello che ci hanno insegnato, ma anche quello che abbiamo scelto di essere. E' l'educazione siberiana: dura, spietata, romantica e implacabile. Ti segna la pelle, come i tatuaggi che alcuni dei protagonisti portano e che sottolineano un'altra chiave di lettura del film: la trasmissione del sapere e l'ostinazione dei protagonisti nel dare un senso alla vita, codificarla attraverso segni e usanze.

Il rischio di banalizzare l'omonimo romanzo di Nicolai Lilin, libro potente e epico, ricco di spunti narrativi, era dietro l'angolo. Ma Salvatores ha schivato il pericolo lavorando (bene) sulla sceneggiatura, scegliendo di aggiungere una dimensione più ampia, che abbraccia 10 anni e aggiunge un finale inedito.

La Russia, lo sfondo (freddo) del film, a cavallo tra la fine dell'epopea sovietica e l'inizio del nuovo corso democratico, una linea immaginaria che segna implacabilmente anche i rapporti umani. Un film in costume che documenta con dovizia un mondo che non c'è più. Ma la centralità del cinema di Salvatores, come sempre, è la narrazione dei rapporti umani, l'amicizia, la lealtà, l'amore e come questi si evolvono e involvono.

Questo filtrato dagli "siberiani", discendenti degli Urca deportati da Stalin, stirpe criminale in decadenza, che cerca con i denti di resistere alla meschinità della corruzione e dalla modernità alle porte, che solletica nell'uomo moderno il sogno della ricchezza facile. E poi l'odio nei confronti del potere e dei suoi strumenti istituzionali: l'esercito, la polizia, i banchieri e anche i criminali corrotti, quelli che trafficano droga. I siberiani contro tutti.

 

Di fatto Educazione Siberiana è il film più ambizioso e coraggioso del regista milanese. Salvatores osa e riesce a trasmettere quel baratro (la modernità incipiente) nel quale il fiero popolo siberiano è destinato a cadere: sequenze epiche (il fiume in piena), scene di combattimento corpo a corpo e incisi cinematografici destinati a rimanere impressi nella memoria dello spettatore (la scena della giostra su tutte, con sottofondo Absolute Beginners di Bowie, scelta  a sostegno narrativo della condizione dei ragazzi, adolescenti che si affacciano nel mondo).

Ma il centro del film rimane l'epoca dell'educazione e il protagonista di questa storia, il nonno Kuzja (il superbo John Malkovich), il maestro d'armi, il vecchio carismatico che trasmette valori e ideali al giovane Kolima. L'educazione di cui parlavamo all'inizio, insegnamenti che si possono fare propri o che possiamo buttare al vento, come semi che non germoglieranno mai più.

 

 

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