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Mi chiamo Beniamino Strani, ho 24 anni e sono laureato in ‘Scienze dell’Informazione: Comunicazione Pubblica e Tecniche Giornalistiche’. Ho poi ottenuto un Master in ‘Critica Musicale’. Amo ogni forma di comunicazione e tra un articolo e un altro, pubblico delle poesie su un blog.
Dopo il tutto esaurito delle prime date del tour, “Napoletano? E famme ‘na pizza!” di Vincenzo Salemme è pronto al debutto della seconda parte della stagione nel 2022. Sarà il Teatro Manzoni di Milano (dal 4 al 16 gennaio) la prima tappa dello spettacolo campione d'incassi, tratto dall’omonimo libro pubblicato a marzo 2020 per Baldini + Castoldi.
Dagli esordi come attore con un’intensissima vita teatrale partita nel ‘78 con il Maestro Eduardo De Filippo fino al Premio alla Carriera, Salemme con garbo e ironia è riuscito a portare il teatro in televisione in una formula riuscita, abituandoci a spettacoli campioni d’incassi, come l’ultima commedia “Con tutto il cuore”, interrotta a causa del Covid 19, vista da 150mila spettatori.
45 anni di carriera, oltre 28 spettacoli e 45 film: il teatro e il cinema sono la seconda pelle del famoso attore napoletano, che nell’estate dello scorso anno ha voluto dare un segnale di ripresa dalla grave crisi che l’emergenza Covid ha portato nel settore dello spettacolo, mettendo in scena l’anteprima del tour. Nonostante la capienza ridotta per ovvie ragioni, il primo passo verso il ritorno alla normalità, ha testimoniato per Salemme una risposta concreta a favore dei lavoratori e delle lavoratrici del dietro le quinte. Lo spettacolo, che ha visto il suo debutto a Orvieto nel novembre 2021, ritorna ora con la seconda parte fino alla primavera 2022, coinvolgendo l’intera produzione che con dedizione e impegno, è riuscita a mettere in scena un lavoro brillante e divertente nonostante le innumerevoli difficoltà del momento storico.
Il titolo fa riferimento ad una battuta di una commedia teatrale dell’artista, “e fuori nevica”, nella quale uno dei personaggi chiede al fratello di dimostrare la sua presunta napoletanità facendogli una pizza.
“E sì, perché ogni buon napoletano deve saper fare le pizze, deve saper cantare, deve essere sempre allegro, amare il caffè bollente in tazza rovente, ogni napoletano che si rispetti deve essere devoto a San Gennaro, tifare Napoli, amare il ragù di mammà” – aggiunge Salemme, che evidenzia come gli stereotipi possano diventare in realtà una gabbia per l’identità e la creatività di un popolo.
“Ma, allora, io che sono nato in provincia, a 30 km da Napoli, posso dichiararmi napoletano doc? Io che da bambino avevo paura di Napoli perché il proverbio recitava: “Vedi Napoli e poi muori!”, io che per recitare il teatro napoletano ho dovuto imparare a nascondere l’accento del mio paese, Bacoli, io che ho una casa a Roma, posso dichiararmi napoletano a tutto tondo?” è da questi interrogativi postisi dall’attore che nasce lo spettacolo, in cui sono presenti alcuni dei pezzi più divertenti delle sue ultime commedie. Un omaggio ai fan di sempre, con l'augurio di tornare a ridere ed emozionarsi tutti insieme con lo stesso sentimento di speranza nel futuro.
Definita dallo scrittore Guido Piovene terra di miraggi, il Salento è uno dei luoghi più affascinanti dello Stivale, meta di vacanze per molti turisti che ogni anno partono per riscoprire un territorio profondamente legato alle sue origini. Era la foresta sempreverde mediterranea a caratterizzare la vegetazione originaria del Salento, dove dominava rigoglioso il Quercus ilex, comunemente noto come leccio. Si tratta di un albero molto longevo (addirittura plurisecolare), appartenente alla famiglia delle Fagaceae, che può raggiungere un’altezza di 20/25 metri. La pianta, dal cui nome proviene la città di Lecce, è diventata così un simbolo di appartenenza alla terra e alla tradizione.
Ed è per questo che la Tenuta Moreno ha pensato per questo Natale un regalo all’insegna del rispetto per la natura e della sostenibilità: a tutti gli ospiti verrà offerta “La Quercia di Natale” che verrà donata in un vasetto compostabile - realizzato con materiali naturali e 100% biodegradabili - da piantare direttamente nel terreno e contribuire così alla diminuzione della quantità di rifiuti in plastica. Il vaso riesce a decomporsi da solo con l’aiuto di microrganismi e batteri diventando parte integrante del terreno, che verrà così arricchito di sostanze preziose.
Una storia antichissima quella della splendida masseria, che nasce nel ‘700 in un vasto uliveto a pochi chilometri dal mare a Mesagne, in provincia di Brindisi e rappresenta oggi una delle prime strutture ad aver perseguito una filosofia eco-sostenibile.
Il consumo dell’acqua, la riduzione dell’utilizzo di anidride carbonica, la raccolta differenziata, la limitazione degli ingombri, i materiali utilizzati per gli arredi: tutte le scelte della Tenuta sono pensate per garantire un rapporto simbiotico con il territorio, rispettandolo in ogni sua forma.
Anche la cucina, capitanata dallo chef Vincenzo Elia rispetta la l’approccio eco-friendly: trasforma i prodotti a chilometro zero dell’eccellenza del territorio (come i pesci che sono forniti dalla Cooperativa dei Pescatori di Torre Guaceto) in emozionanti combinazioni. Le proposte dei due ristoranti, Aranceto e Sallentia, seguono la stagionalità e l’offerta dei produttori locali riservando così sapori sempre diversi.
Viene svolta una parte attiva nella cura per il territorio anche dagli ospiti, grazie alla possibilità di raccogliere ortaggi e verdure tra quelle ottenute dalle antiche sementi autoctone dell’orto biodinamico, come quelle del pomodoro fiaschetto e Regina di Torre Canne o il peperoncino dolce di Carovigno.
Perfino la SPA realizzata con materiali naturali e con vista panoramica sulla piscina scavata nella roccia, rispetta il principio fondante della masseria, utilizzando prodotti di qualità come l’olio extravergine di oliva, proveniente dalla vicina riserva marina di Torre Guaceto. Oli di arancio, limone e menta vengono invece abbinati ad avvolgenti manualità per raggiungere uno straordinario stato di relax e donare alla pelle idratazione ed elasticità, in un intenso rituale poli-sensoriale.
86 camere circondate da giardini fioriti, che incontrano un gusto chic e uno stile elegante senza perdere i dettami della tradizione locale - come le splendide ceramiche di Grottaglie – diventano quindi un’occasione perfetta per trascorrere le Festività nel pieno rispetto della Natura, comprendendo il meticoloso impegno che molti lavoratori del settore impiegano per garantire ai clienti relax, qualità e narrazione delle tradizioni.
"L'arte celebra l'uomo, non lo manipola” diceva Keith Haring, uno degli artisti che ha maggiormente ispirato Alessandro Lanza. L’artista campano, classe 1987, è riconosciuto come uno dei designer italiani più talentuosi, richiestissimo nel mondo dello showbiz.
A volte tornare nel passato si rivela la formula vincente per creare qualcosa di alternativo e originale. Lo sa bene Angelo Colapicchioni, che ha percorso ben due millenni di storia per riscoprire un dolce tipico dell’Impero Romano, il pangiallo. Il primo a parlarne fu lo scrittore latino Marco Gavio Apicio nel suo “De Re Coquinaria”, evidenziandone le umili origini e che, come tantissime preparazioni che caratterizzano ancora oggi la cultura culinaria capitolina, era il frutto del recupero di scarti.
“Non ho mai capito come fosse possibile che una città come Roma, che sulla sua storia millenaria ci ha costruito i fasti della città Caput Mundi, abbia di contro completamente dimenticato di valorizzare il suo dolce di Natale” spiega il proprietario del forno, diventato una vera e propria istituzione per la Capitale e per i suoi cittadini.
Frutta secca, miele, in qualche occasione mosto d’uva, impastati e cotti insieme al pane nei forni di terra cotta. Questa è la ricetta che Angelo ha mantenuto fedelmente, selezionando i prodotti di maggiore qualità (le nocciole laziali, il pistacchio di Bronte, il miele biologico, frutta candita, cioccolato fondente, mandorle siciliane o pugliesi). Nasce quindi nel 1977 il Pangiall’Oro, chiamato così per l’involucro a base di uova che riveste la pagnotta e che conferisce al dolce il tipico colore dorato.
Simbolo del Natale capitolino, ma disponibile tutto l’anno, il dolce-simbolo del Forno Colapicchioni si è prestato più volte a curiose e interessanti rivisitazioni. Come quella proposta da un amico di famiglia, che andò a fargli visita nel laboratorio con un sacchetto di pregiato pepe malesiano di Sarawak. Con la pulsante inventiva di Angelo nasce grazie a questo speciale ingrediente il Pan Pepato Imperiale, arricchito anche dai frutti esotici tipici malesiani come papaia, ananas e spezie come lo zenzero.
Un destino scritto e una vita passata tra la farina quella di Angelo, profondamente legato alle sue origini e alla sua famiglia: “Io sono nato a Roma, dove la mia famiglia si è trasferita negli anni 20. Mia nonna è stata una delle prime panificatrici dell’alto Lazio.”
Oltre a quello familiare, anche il valore dell’amicizia gioca un ruolo importante per il percorso di Angelo, come quella di Gianni Ruggero, genovese trapiantato a Roma che dal 2015 è patron di Sogno Autarchico, un wine bar nel quartiere Prati.
“Ero giovane e lavoravo al Simposio. Andavo tutti i giorni a comprare il pane al forno Colapicchioni di Via Properzio. Con Angelo ci fu subito feeling e spesso con la scusa del pane mi trattenevo qualche minuto in più per ascoltare i suoi aneddoti del passato e di questo Pangiall’Oro.” - dice Gianni, che aggiunge -
“Io devo molto ad Angelo, è un caro amico, una persona che mi ha dato fiducia. E’ suo il locale in cui sei anni fa ho aperto il mio Sogno Autarchico”.
Ed è proprio nel nome di questa consolidata amicizia che Gianni Ruggiero ha deciso di celebrare giovedì 16 dicembre il Pangiall’Oro e il Panpepato di Angelo Colapicchioni nella sua enoteca. Ad accompagnare i prelibati dolci ci saranno i vini di Principe Pallavicini, storica azienda laziale che opera da 350 anni. Tra le tante referenze in produzione saranno presenti due etichette dell’azienda che si sposano perfettamente con le pietanze: Il Roma Doc Bianco, una malvasia puntinata in purezza e lo Stillato, un vino passito sempre da malvasia del Lazio.
Tra antichità e innovazione. L’operazione di recupero storico compiuta dal Forno Colapicchioni è una scommessa vinta che ci dimostra quanto possa essere fruttuoso attingere dl passato per ripensare il nostro futuro. Ciò vale anche nella cucina, e in particolar modo quella romana, la cui origine millenaria e imperiale dona all’invenzione del Pangiall’Oro una dimensione affascinante e suggestiva.
Martedì 21 dicembre alle ore 18.30, la scrittrice Dea Cucciniello presenterà il suo nuovo romanzo "La cenere non brucia" presso il suo Ristorante Carter Oblio. Un Ristorante non è solo un luogo conviviale dove incontrarsi e godere della buona cucina. Può diventare un’occasione di dibattito, per confrontarsi su temi importanti stimolati da un film o un libro. A moderare l’evento sarà Nerina Di Nunzio, esperta di comunicazione, opinion leader e personaggio televisivo, che da tempo divulga i temi del design, dell’arte e del cibo, inteso come cultura a tutto tondo. Dopo “La morte del leone”, l’autrice torna con un libro scritto al rientro da una intensa stagione americana, dove ha lavorato nel Press Office dell’Ambasciata d’Italia a Washington.
Dall’impostazione narrativa molto orientata al dialogo, il secondo romanzo dell’autrice, edito da Scatole Parlanti, è un appassionato e complesso racconto tra donne. La trama ruota attorno a un sequestro che porta il lettore a comprendere i lati più oscuri dei personaggi, costringendolo quasi a perdonarli con un’empatia disarmante. È Nora, una giovane affetta da una patologia neuro-degenerativa, a persuadere sua madre per attuare il rapimento di Alma, la ragazza che abita al piano di sopra.
Da stanza a stanza si maceravano tensioni. Si viveva in penombra, si viveva da licantropi. Fino a dare per scontato che ci fosse un lupo dietro ogni porta. Dentro ogni agnello.
Il racconto si sofferma sull’instabile controllo della malattia e gli strascichi che essa porta su ogni aspetto della nostra quotidianità. Delicata è l’analisi che la scrittrice fa sul tormentato rapporto con la propria non sanità e su quello madre-figlia, che nell’inseguire con ansia ogni forma di cura, finisce per perdere altri aspetti esistenziali necessari per la stabilità mentale. Del testo colpisce la tortuosa descrizione di una femminilità sospesa e messa all’angolo, segno evidente di una scrittura sensibile e analitica.
L’autrice romana, fondatrice dell’agenzia di comunicazione Food Confidential, presenta un libro che oscilla tra il pregiudizio e l’immaginario, sperimentando con intelligenza e creatività l’inscindibile connubio tra la cucina e la cultura e aprendo una strada che può rivelarsi proficua per il mondo della ristorazione.
Un evento da non perdere!
A dieci anni dall’apertura del Ristorante Finger’s Garden, lo Chef Roberto Okabe dà vita a Milano a una nuova creatura per omaggiare San Paolo, la sua città natale dove è cresciuto e ha vissuto fino all’età di ventitré anni. Il nuovo locale si chiama Botequinho e nasce dal relooking del Finger’s Club, l’elegante lounge bar situato sotto il Ristorante che l’architetto brasiliano Isabella Pacifico Homem ha rivisitato in una forma inedita.
A fare la differenza anche questa volta sono la cura nei dettagli e una brigata di fiducia. Continua la collaborazione con l’artista Mauro Roselli, che già aveva dipinto a spray gli interni e gli esterni del Finger’s Garden, e che nel nuovo locale si è occupato d caratterizzare l’interior realizzando un’opera in tecnica mista mixando legno, alluminio e altri materiali di riciclo. Ciò che cattura l’attenzione è la magnifica installazione che riproduce alcuni fra gli edifici più significativi di San Paolo.
Una sorta di “murale in 3D” illusorio e magico, che trasporta l’ospite nell’atmosfera festosa e cosmopolita della metropoli brasiliana.
Sono molti gli elementi che richiamano San Paolo, come il pavimento, che ripropone il caratteristico rivestimento geometrico in bianco e nero dei marciapiedi, e le poltroncine rosse, che ricordano gli eleganti locali notturni della città.
E a proposito delle sue origini, lo Chef Okabe racconta: “Di San Paolo non posso dimenticare tutto ciò che mi ha reso più forte ed è per questo che nell’installazione, oltre all’Edificio Copan, al MASP (il Museo d’Arte di San Paolo), al Teatro Municipale, al Parco Ibirapuera in cui correvo, all’Avenida Paulista dove andavo al cinema, ho voluto anche una favela dove mi era proibito andare, ma dove scappavo per giocare a pallone. A San Paolo le favelas sorgono in mezzo ai quartieri residenziali. Ecco perché il banco bar è stato realizzato con pezzi di legno di recupero, come vecchi taglieri”.
Quella dello Chef in Brasile non è stata una vita facile: “giocavo a calcio per strada e allo stesso tempo sentivo la pressione della mia famiglia giapponese che mi spronava a studiare.”
Anche le sue origini giapponesi giocano un ruolo decisivo nella sua cucina e nella sua filosofia gastronomica, dove convivono con estro ed equilibrio tre anime, quella brasiliana, quella nipponica e quella italiana.
Tra le dolci note della bossa nova, prendere un aperitivo o cenare al Botequinho diventa un’esperienza sensoriale e unica, una sorta di viaggio immaginario verso l’America Latina, contaminata da influenze orientali. Due culture apparentemente diverse, ma che nel locale dello Chef Okabe si fondono con una sintonia perfetta, come nelle tapas in stile carioca con tocco nikkei creati dalla Chef brasiliana Lili Gomes da Silva, che accompagnano i fantasiosi, curati ed estrosi cocktail del barman Alessandro Lisco.
Una cucina figlia della globalizzazione, che riesce a trarre i vantaggi migliori di un fenomeno a volte invadente per alcuni settori, ma che nel caso del Botequinho viene intelligentemente sfruttato per rappresentare con fierezza le proprie origini. Un ponte tra Sud America e Asia, che testimonia come l’integrazione sia un valore fondamentale per la cultura e per la gioia di tutti.
Lievitazione di oltre 50 ore e un’alveolatura perfetta. Sono questi gli aspetti che rendono il Panettone Artigianale dello Chef Fabio Titone, un prodotto unico e inimitabile, morbido e fragrante. Dopo il successo dello scorso anno, lo Chef ripropone il dolce tipico delle feste natalizie nella versione classica (con uvetta sultanina e arancia candita) e in quella al cioccolato (con crema di cioccolato).
Uno Chef precoce, che a soli 26 anni è già proprietario del Ristorante All’Origine a Milano, nome che riassume la sua filosofia dedita al rispetto della tradizione e delle proprie radici. Il giovane Chef originario di Torino ha trascorso ben undici anni dietro i fornelli, prendendo parte a brigate stellate come quella del Dolce Stil Novo di Alfredo Russo all’interno della Reggia di Venaria Reale o quella del Refettorio Ambrosiano. Ed è solo grazie al profondo rispetto per le proprie radici che è possibile spiccare il volo e “ramificare” il proprio talento sperimentando con creatività e intelligenza. Il contrasto tra dolce e salato, le innovative cromie, le spugne alimentari, le arie aromatizzate, l’utilizzo delle clorofille, le affumicature e le infusioni: tutte tecniche che caratterizzano la cucina dello Chef e che non sarebbero possibili senza una cura maniacale per le materie prime e il profondo legame con le tradizioni.
E per Natale il ristorante All’Origine ha in serbo una preziosa sorpresa per i clienti affezionati: con una spesa tra i 45 e i 70€ è possibile creare il proprio cesto scegliendo di abbinare al panettone artigianale un vino diverso tra una selezione mirata di Chablis, Franciacorta, Barolo, Ribolla Gialla e molte altre etichette. Un percorso creativo che permette ai consumatori un rapporto consapevole a attivo con i prodotti, che va ad aggiungersi agli altri cesti standard proposti dal locale, che abbinano il Panettone ad altri prodotti utili per le nostre cucine come il Risotto Vialone Nano essiccato sull’Aia Azienda Melotti o una bottiglia di Olio extravergine di oliva D.O.P. “Gargiulo” Penisola Sorrentina.
La cucina dello Chef Titone è un esempio di come sia possibile mantenere fede alla tradizione senza rinunciare al brio creativo della sperimentazione. E la sua giovane età è una lezione di tenacia per tutti coloro che vogliono intraprendere una carriera nel mondo della gastronomia, dove sono indispensabili sacrificio e minuziosa cura per i dettagli.
“Forse il pane mi ha anche salvato la vita” esordisce in un’intervista Matteo Cunsolo, Titolare del panificio La Panetteria a Parabiago (in provincia di Milano). A soli 39 anni è anche Presidente dell’Associazione Panificatori di Milano e Provincia, Segretario di Richemont Club Italia, formatore, consulente e docente. Un inizio atipico nel mondo della panetteria, passione che non gli è stata tramandata dalla famiglia, ma che ha ritrovato in un percorso di crescita personale. Diplomato all’Istituto “CAPAC” di Milano in panificazione e pasticceria, Cunsolo ha collaborato con vari panifici del capoluogo lombardo, ma è l’incontro con il Maestro Fornaio Massimo Grazioli a fargli comprendere con minuziosità i trucchi della panificazione e dei lievitati. Anche la collaborazione con il Maestro Panificatore Piergiorgio Giorilli si rivelerà entusiasmante e proficua, specialmente sul mondo del lievito madre. Cunsolo ha affiancato il fondatore del Richemont Club Italia e Ambasciatore Onorario dell’Italian Hospitality in alcuni corsi e in un viaggio professionale in Giappone.
La famiglia gioca un ruolo importante nella sua carriera: nel 2003 avvia La Panetteria, insieme alla madre Antonia Orru, dove produce artigianalmente una vasta gamma di prodotti oltre al pane.
Anche questo Natale il Maestro propone il classico panettone artigianale e tradizionale milanese, offrendo anche un nuovo formato da 750 grammi con diverse materie prime: pistacchio e cioccolato bianco, cioccolato, mandorlato, marron glacé, amaretto, fichi del Cilento e noci, marzapane e arancio. È diventato irrinunciabile per i Panettoni lovers il “Panettone solidale ai 4 cioccolati” (fondente, bianco, al latte e ruby, dai sentori fruttati), diventato ormai un must della sua produzione e che si lega a un’importante iniziativa: metà del ricavato di ciascun panettone verrà destinata all’Associazione “La Ruota” Onlus di Parabiago che si occupa di offrire assistenza e sostengo alle persone più deboli.
Lievitazione naturale, accurata scelta dei prodotti, maggiore digeribilità. Sono questi i segreti dell’arte fornaia, principi imprescindibili nel lavoro di Cunsolo, conscio di una trasformazione in atto nel pubblico di oggi, sempre più attento e informato su ciò che acquista. Ciò non può che stimolare grandi maestri come lui a mettere in pratica il loro talento e dimostrare la cura che impiegano in ogni minima preparazione.
Queste Feste saranno una prelibata occasione per godere delle sue creazioni e per riflettere su quanto lavoro ci sia dietro la cucina artigianale italiana per garantire con costanza la sua rinomata qualità.
“È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante” si legge ne Il Piccolo Principe, il celebre racconto di Antoine de Saint-Exupéry, che si sofferma sul senso di cura e su quanto questa nobile facoltà sia terapeutica non solo per il prossimo, ma anche per noi stessi, diventando uno strumento utile per guardarci dentro e riflettere su come possiamo migliorare la nostra condizione ambientale. È sulla base del concetto di cura che nasce l’ambizioso progetto En plein air, finanziato da Fondazione Cariplo. Un lungo e fitto programma che conta più di 100 eventi pubblici, realizzati quasi totalmente all’aperto, per garantire maggiore sicurezza e il coinvolgimento della popolazione locale nell’intervento artistico. Lo scopo è proprio facilitare la rigenerazione delle relazioni sociali, ponendo l’attenzione sul rapporto io-natura.
Iniziative culturali, spettacoli teatrali e concerti si alterneranno per 24 mesi, per portare le arti contemporanee nei luoghi pubblici, a contatto con la natura e in connessione con il territorio e chi lo abita. Sono 7 le compagnie lombarde che hanno messo insieme le loro forze per dar vita a questa importante iniziativa, iniziata nella primavera del 2021: (Associazione Culturale ILINX, Associazione Culturale delleAli Teatro, Associazione Culturale Karakorum Teatro, Associazione Sportiva e Culturale Quattrox4, Associazione di Promozione Sociale Residenza IDRA Teatro, Associazione Culturale teatro in-folio, Associazione Culturale Teatro Periferico). L’arte all’insegna della sostenibilità e dell’ecologia intesa come forma di cura per il territorio e per chi lo abita, offrendo l’urgente possibilità di dialogo, per migliorare l’inscindibile legame luogo-cittadino.
Oltre alla programmazione di iniziative artistiche e culturali nei territori infatti, i partner del progetto favoriscono la condivisione di strategie e buone pratiche in un’ottica di scambio di competenze e capacity building. Questo aspetto si concretizza in programma di incontri chiamati Hackathon: momenti di riflessione sulla tematica dell’arte come prassi di cura dello spazio pubblico e della sua comunità.
Come sosteneva Heidegger l’esistenza è essere nel mondo, e quindi in mezzo agli altri. La cura diventa perciò espressione per autenticare il rapporto con il prossimo e sopratutto con la terra, in un tempo storico che sembra prospettare un futuro irreversibile dal quale ognuno di noi deve prendere le distanze, impegnandosi fin da subito per costruirne uno migliore, aiutandosi anche, come in questo caso, con il dialogo culturale e l’impegno delle associazioni che hanno a cuore il tema della sostenibilità.
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