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Mi chiamo Beniamino Strani, ho 24 anni e sono laureato in ‘Scienze dell’Informazione: Comunicazione Pubblica e Tecniche Giornalistiche’. Ho poi ottenuto un Master in ‘Critica Musicale’. Amo ogni forma di comunicazione e tra un articolo e un altro, pubblico delle poesie su un blog.
Il difficile periodo di pandemia ha messo a dura prova molti settori, tra cui quello della ristorazione, ponendo molti lavoratori davanti ad ardue sfide. Come quella di Giuseppe Scicchitano, 30 anni, figlio d’arte, terza generazione di ristoratori della famiglia proprietaria del locale, ‘A figlia d’o Marenaro, storico locale nel centro storico di Napoli, in via Foria. È stato proprio il momento d crisi generale che ha spinto Giuseppe a pensare a un format innovativo nel food: «Quando sei figlio d’arte hai vantaggi e svantaggi. Ho voluto non accontentarmi e lanciare un’idea tutta mia, rispettando le tradizioni familiari, ma andando oltre nella voglia di sperimentare nuovi piatti e formule» - racconta - «Mi sentivo pronto, maturo, l’ho fatto con i miei risparmi, sentendo la responsabilità di un nome importante alle spalle. A volte partire da zero è più facile, se sbagli puoi ripartire».
Il suo “Innovative” abbraccia uno spirito evolutivo, dal menu fino al design degli spazi. Cheescake di mare con fresella sbriciolata, ricotta e tartare di gamberi, il crocchè con alici in pane panko a grana fine e provola di agerola, e lo scarpone di mare, una melanzana ripiena di calamari, gamberi, polpo, datterino e crostino di pane, sono solo alcuni dei piatti di punta.
Tutti piatti nati dalla creatività di Giuseppe, in doppia veste di manager e food creator, in concerto con lo Chef Sergio Scuotto: «Sono intuizioni che nascono di notte, dormo poco e sfrutto il tempo per sfruttare nuove cose, apprendere, leggere, e dall’osservazione e dai ricordi. La cheescake è nata, per esempio, guardando la vetrina di una pasticceria e pensando a mia nonna Maria che amava particolarmente il pane con la ricotta», continua Giuseppe, che viene spesso “instagrammato” dai suoi clienti mentre mette in scena un vero e proprio show nello scusciare crostacei e magari infiammarli come nel caso del gambero flambè.
Innovative può contare oggi su una cantina di oltre 150 etichette italiane ed estere. Un assortimento che ha permesso al locale, seppur giovane, di vincere già un premio il Cellar Door 2020, assegnato da Decanto, per essere uno dei 100 ristoranti italiani con la migliore cantina e che “riconosce al vino un ruolo centrale nel corso dell’esperienza gastronomica”.
Alla fantasia culinaria si abbina un’attenta cura per il design, pensato per garantire ai clienti diversi “percorsi” in ambienti diversi da loro, come la sala blu, o sala Napoli, con una gigantografia della città, la sala rossa, o sala Borbone, una terza sala con un parato floreale e ancora una chef room, privè con otto posti che affaccia sulla cucina con un parato pompeiano.
Oggi “Innovative” ha un team di 16 collaboratori, che Giuseppe sente come una famiglia, fiero di essere riuscito a preservarlo malgrado la pandemia, e una grande volontà nel fare un lavoro che ha imparato dalla sua famiglia: «Mio padre è il mio mito. Ricordo che ero bambino e volevo imitarlo tagliando frutti di mare. Una volta mi sono pure tagliato e lui dopo avermi soccorso, mi ha detto: “Bravo, ora sì che stai imparando”. Ho vissuto tutta la mia infanzia in cucina, soffrendo molto per la mancanza fisica dei miei genitori che malgrado tutto sono riusciti a darmi tutto l’affetto di cui avevo bisogno. Da loro ho imparato una parola chiave: la costanza. È facile aprire un format nuovo, mentre è duro mantenere lo stesso standard di qualità per 30 anni».
Un luogo che accontenta tutti i palati e tutte le tasche: «So che una formula di sperimentazione come la mia ha dei costi più alti rispetto alla media, ma la mia famiglia viene dal popolo e ho voluto creare una formula accessibile anche a un pubblico non altospendente che desidera trascorrere una serata romantica con il proprio compagno o compagna, vivendo un’esperienza “innovative”», conclude Giuseppe.
Una particolare attenzione ai temi ambientali e un’accurata sensibilità ecologista: il pizzaiolo Salvatore Palma, classe 1989, sta conquistando il palato di tanti grazie alle sue proposte nel locale “Pizz’Amore e fantasia” che ha aperto a Sant’Anastasia, in provincia di Napoli.
I tovaglioli di stoffa, l’acqua spillata in bottiglia di vetro riciclato: ogni dettaglio viene pensato per ridurre gli sprechi e contribuire alla risoluzione delle problematiche più urgenti che riguardano la salute del nostro Pianeta. In bagno ad esempio si trovano le tovagliette spugnose monouso, lavabili e riutilizzabili, oltre a un kit di cortesia per le donne. La mise en place rigorosamente plastic free e zero waste rappresenta la filosofia del locale, sottolineando la necessità che il mondo della ristorazione si avvicini a tali tematiche, per garantire un servizio migliore secondo le esigenze del cliente e della natura.
Anche gli ingredienti testimoniano la cura per la sostenibilità: l’esclusivo utilizzo di prodotti freschi, stagionali e a km 0 è un altro marchio di fabbrica del posto. Pomodori, melanzane, zucchine, patate, per dirne alcuni, provengono all’Orto Conviviale a due passi dalla pizzeria, una azienda agricola biologica a conduzione familiare.
E per valorizzare il tutto ne pensa sempre una nuova, dall’abbinamento il venerdì con fritti e bollicine, al cuoppo fritto servito in un cuore per gli innamorati, fino al “doppio Natale” con sorprese per chi torna da lui nel mese di gennaio.
Nel menù troviamo abbinamenti ricercati nelle sue pizze gourmet. Ne sono un esempio la “Papaccella Vesuviana” (con vellutata di Papaccella, guanciale croccante di suino rosa campano, crema di parmigiano reggiano e fiordilatte d’Agerola), la “Fiore” (con ricotta di fuscella fresca anastasiana, fiore di zucca bio cotto a vapore e pancetta paesana croccante) e la “Borbonica” (con pomodorini del piennolo giallo e rosso e mozzarella di bufala).
Tra gli antipasti più richiesti ci sono fritti della tradizione napoletana e mediterranea ma con un tocco di novità. Le frittatine, ad esempio, sono proposte alla carbonara con uova di gallina allevata a terra e guanciale croccante oppure con salsiccia e friarielli, la “palla di riso” è fatta con salame Napoli e zafferano, l’arancino è proposto con porcino e tartufo.
Il pasto viene degnamente concluso da un dolce, rigorosamente preparato in cucina, come cannolo scomposto con una delicata ricotta sarda e una fragrante sfoglia siciliana, oppure la millefoglie sbagliata, con sfoglia di burro fatto in casa, crema pasticciera e amarene sciroppate. Per gli appassionati di champagne poi c’è l’imbarazzo della scelta tra le migliori etichette come Armand De Brignac, Moet & Chandon, Cristal, Veuve Clicquot, Dom Perignon.
Costa Paradiso (SS)- L’11 luglio, ore 19.30, appuntamento presso il ristorante Il Calice D’Oro con il vernissage della mostra Reportage in Sardegna della fotografa Monica Selenu.
L’apertura della mostra sarà accompagnata dalle atmosfere sonore in instant composing del musicista e produttore Salvatore Papotto aka Berlin Babylon Project.
Le opere resteranno in mostra fino al 23 luglio.
Il "Reportage in Sardegna” di Monica Selenu vuol essere un racconto documentaristico, dove si intrecciano luoghi cari, emozioni forti e identità. Un tentativo ultimo di raccogliere frammenti di una memoria collettiva, in modo che il racconto della stessa diventi il carburante che la mantiene viva.
Così scrive nel contributo critico, contenuto nel catalogo d’arte della rassegna, Indira Fassioni (curatrice d’arte, food lifestyle editor, giornalista free lance. Ha fondato la testata Nerospinto, si occupa del canale Cucina di Tgcom24).
Tra volti di giovani donne velate e uomini di pietra-prosegue Indira Fassioni- si avvicenda il racconto di questa terra in cui ogni ruga di donna anziana si specchia con una crepa nei muri a calce di un paese dell’entroterra. Stilisticamente la scelta di privilegiare spesso il bianco e nero pare dettato proprio dalla volontà di rendere l’immagine estraniata dal tempo presente, passato o futuro, in una ricerca in cui atavico ed eterno cercano punti di contatto come gli occhi di chi guarda e chi viene fotografato.
Ogliastrina di nascita e barbaricina d’adozione, Monica Selenu- da sempre appassionata di fotografia e creatività- si è formata alla Facoltà di Conservazione dei beni culturali di Sassari, avvicinandosi negli anni al fotogiornalismo e alla fotografia editoriale.
Collabora con diverse testate giornalistiche on linee con riviste e quotidiani cartacei, regionali e nazionali, coniugando il lato artistico a quello reportistico.
Per la Biblioteca di Sardegna cura la fotografia di diverse collane.
Si occupa inoltre di reportage matrimoniali.
La mostra fotografica Reportage in Sardegna fa parte della “Prima Rassegna d’arte Il Calice d’oro”, nata- come spiega la curatrice Claudia Erba- per dilatare gli orizzonti dell’atto creativo; per accogliere e vivificare-in un gioco moltiplicatorio ed effusivo-quella forza marziana e umanissima che chiamiamo ispirazione.
Manca, volontariamente, nella rassegna, una tematica comune: non abbiamo voluto nessun filo rosso-prosegue la curatrice- a districare le gomene aggrovigliate della nostra nave, che muove nella direzione dell’incontro semantico di differenti forme d’arte, talvolta contaminate.
La rassegna è corredata da un catalogo d’arte, a cura di Irene Franchi con note biografiche degli artisti e contributi critici illustri, disponibile gratuitamente nei locali espositivi de Il Calice d’Oro.
Il logo della rassegna è stato realizzato dallo scultore e pittore Franco Mauro Franchi.
La realizzazione e la stampa dei cataloghi sono state rese possibili anche grazie al supporto di Costa Paradiso Resort, Li padulazzi Resort, Lola comunicazione e Re/max Mistral Costa Paradiso.
La promozione della rassegna è curata da Verbatim Ufficio Stampa.
Una Sardegna diversa, quella raccontata dalla fotografa Monica Selenu, lontana dalla mete più modaiole e patinate; una terra- per usare le parole dello scrittore David Herbert Lawrence, fuori dal tempo e dalla storia, capace di incidersi prepotentemente nei nostri cuori.
Link utili:
https://www.facebook.com/calicedorocostaparadiso
https://www.instagram.com/ilcalicedoro/
https://www.ilcalicedoro.it/
https://www.instagram.com/monicaselenuphoto/
LINA CAVALIERI
Torna LA MILANESIANA, il più grande festival itinerante che promuove il dialogo tra le arti ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi, che quest’anno arriva alla sua 23esima edizione. Sono le omissioni il tema centrale della serie di eventi, come spiega la regista: «quello che avremmo dovuto e potuto fare e non abbiamo fatto, che avremmo potuto e dovuto dire e non abbiamo detto. Un tema che ha una gamma vastissima di declinazioni: morali, politiche, giuridiche, estetiche come afferma la direttrice».
Il festival di respiro internazionale diventa anno dopo anno sempre più protagonista delle estati italiane, creando una straordinaria sinergia tra letteratura, musica, cinema, scienza, arte, filosofia, teatro, diritto, economia e sport.
Dal 4 giugno al 3 agosto, La Milanesiana arriverà in 20 città diverse con oltre 60 incontri ed eventi, accogliendo più di 150 ospiti italiani e internazionali.
Come in tutte le edizioni, l’arte ricopre un ruolo importante all’interno del Festival che quest’anno ospiterà ben 9 mostre in tutta Italia, dal 4 giugno al 15 settembre.
Anche quest’anno la Rosa dipinta da Franco Battiato, che fin dalla prima edizione è il simbolo de La Milanesiana, è stata rielaborata da Franco Achilli. «La Rosa contempla i colori dell’Ucraina - aggiunge Elisabetta Sgarbi - Non abbiamo potuto e voluto sottrarci al rumore della storia, e questa guerra, come anche altre guerre, entrerà in questa Milanesiana. C’è – tra le altre – la letteratura russa, di una grande scrittrice russa, Ludmila Ulitskaya, che dialogherà con scrittrici di altre latitudini culturali, come è giusto e normale che sia. Lei vuole la Pace, che in questo momento vuol dire almeno questo: sapere che c’è un aggressore e un aggredito».
Da Torino ad Ascoli Piceno, da Firenze a Venezie: sono tante le tappe del festival, che porterà il prezioso dialogo tra le diverse discipline, creando riflessioni, approfondimenti e proficui incontri con alcuni dei maggiori esponenti legati al mondo dell’arte.
Come il Premio Nobel per la Letteratura 2021 Abdulrazak Gurnah il 13 giugno al Teatro Grassi, il Premio Pulitzer 2018 Andrew Sean Greer e il linguista Noam Chomsky.
Anche quest’anno la musica è grande protagonista de La Milanesiana, a partire dalla serata inaugurale, il 4 giugno a Sondrio, con il concerto di Simone Cristicchi. E poi gli Extraliscio, il jazz di Paolo Fresu, un commovente omaggio a Franco Battiato, Elio, Vasco Brondi, Alice e tanti altri.
Il cinema è sempre stato uno dei temi centrali de La Milanesiana e anche quest’anno torna con alcuni importanti appuntamenti, come la serata dedicata al regista statunitense Abel Ferrara e l’incontro con i registi e sceneggiatori Damiano e Fabio D’Innocenzo, che con il loro film “Favolacce” hanno vinto l’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura al Festival di Berlino 2020 e cinque Nastri d’argento.
Il Festival darà grande spazio anche alle mostre, visitabili nel corso dell’estate in diverse città italiane, come quella di Carlo Verdone “Il colore del silenzio” inaugurata il 30 giugno insieme all’attore. Due le mostre in programma a Bormio: dal 21 luglio al 15 settembre la Banca Popolare di Sondrio nel cuore della città ospiterà la mostra di Tricarico “Contro Tricarico” a cura di Elisabetta Sgarbi, mentre il 22 luglio ai Giardini V Alpini ci sarà l’inaugurazione della scultura luminosa creata da Marco Lodola.
A teatro si potrà assistere alla formidabile coppia Massimo Lopez & Tullio Solenghi per passare alla poetica di Fabrizio De André sfuggita dalle labbra di Dori Ghezzi.
Impossibile non ricordare i 30 anni di distanza dalle uccisioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, a cui è dedicato un importante incontro per ricordare, e mai dimenticare, i due magistrati. Con la scrittrice Edith Bruck, a cui verrà consegnato il Premio Rosa d’Oro della Milanesiana, verrà indagato il tema della “Memoria”.
Ampio spazio anche allo sport con il dialogo tra Dino Zoff e Maurizio Crosetti e una serata dedicata a Federica Pellegrini.
Si conferma vincente lo straordinario connubio tra profumo e cucina con Integra Frangrances, l’azienda leader nella creazione di identità olfattive per marchi del lusso, che da oggi si può anche “assaggiare”. È “Serra San Marco” il profumo realizzato ad hoc per il ristorante milanese DanielCanzian, una fragranza ricca e avvolgente, che racconta una storia di passione, creatività e determinazione. Lo chef, infatti, si è ispirato alle note del profumo per creare un piatto fresco e gustoso, che resterà in carta per tutto il periodo estivo. Perché, afferma, “per immergersi nella bellezza della cucina bisogna sentirne anche il profumo”.
Il nome rende omaggio alle origini venete dello Chef, accoglie i clienti all’ingresso del ristorante di via Castelfidardo con un aroma che ripercorre le radici di Canzian e suo estro creativo, valorizzando l’essenzialità delle materie prime e la semplicità degli ingredienti, elementi distintivi della sua filosofia. Le note di testa sono agrumate e si uniscono al verde aroma del basilico; morbide e avvolgenti sono quelle di cuore, che vanno dallo speziato pepe nero alle pungenti foglie di pomodoro alla salvia e al latte. Sul fondo emergono gli intensi profumi dei muschi bianchi, della vaniglia e del legno di sandalo. Il risultato è un profumo caldo, ricco e vellutato.
Dallo studio dei principali accordi della profumazione, lo chef Canzian ha preso ispirazione per realizzare il Carpaccio di pomodoro con bottarga di tonno, basilico e mandarino in salamoia, servito su un cuore di pesche e nettare rosso dell’emporio di DanielCanzian Ristorante. Un tuffo tra sapori e aromi che accompagna verso una nuova dimensione, dove gusto e olfatto si uniscono in una sinestesia di emozioni.
“Serra San Marco rappresenta la continuazione di un percorso intrapreso nel 2013 – racconta Canzian - e racchiude in sé tutti gli elementi tipici della mia cucina, che esalta la semplicità e il sapore degli ingredienti. Rispettare le materie prime significa renderle riconoscibili nel piatto, mantenendo tutte le loro caratteristiche, tra cui il profumo che è parte integrante dell’esperienza a tavola. L'identità olfattiva all’ingresso del ristorante accompagnerà i clienti verso la prova del piatto a essa ispirato, rendendo il tutto ancora più complesso e intenso” - conclude.
Francesca Piana, responsabile marketing e comunicazione di Integra Fragrances, che dal 2006 si occupa di sviluppare le identità olfattive dei più prestigiosi brand internazionali, aggiunge: “Un’identità olfattiva è la traduzione del DNA di un brand in una fragranza unica in grado di evocarlo attraverso il senso più fortemente connesso a emozioni e memoria."
E a proposito dello Chef veneto commenta: “Tradurre DanielCanzian in una creazione olfattiva ha voluto dire lavorare sulla sua filosofia e sui suoi ideali in cucina, passando per le sue origini e le materie prime che più adora. Un viaggio affascinante la cui impronta olfattiva vi accoglierà sulla soglia del suo ristorante”.
Costa Paradiso (SS): Il 27 giugno, ore 19.30, appuntamento presso il ristorante Il Calice D’Oro con l'apertura della mostra Natura morta della pittrice Monica Corda.
La serata sarà impreziosita dalle atmosfere sonore in instant composing del musicista e produttore Salvatore Papotto aka Berlin Babylon Project.
Le opere resteranno in mostra fino al 9 luglio.
“Storia di un ritorno”: così potremmo definire il lavoro pittorico di Monica Corda, artista cagliaritana classe 1969 che dopo esser stata a sciacquare i pennelli in Arno ad inizio anni novanta (diplomata all’Accademia di Belle Arti di Firenze) è rientrata sull’Isola dove oggi vive e lavora presso San Sperate (Ca).
Così scrive nel contributo critico, contenuto nel catalogo d’arte della rassegna, Indira Fassioni (curatrice d’arte, food lifestyle editor, giornalista free lance. Ha fondato la nostra testata, Nerospinto, e si occupa del canale Cucina di Tgcom24).
Se l’artista ama spaziare, dai ritratti a tematiche più astratte, è sicuramente sui suoi lavori di “Still Life” che vogliamo soffermarci- prosegue Indira Fassioni-: delle nature morte che nella loro non sovrabbondanza ricordano lo stile settecentesco di Jean Baptiste Chardin, ma che al contempo nel tratto netto rimangono estremamente identitarie. Infatti visto che il ‘700 è concluso ormai da qualche secolo, Monica non teme di osare in paradossi surrealisti degni del nostro tempo, tra uova schiuse che diventano pulcini e gatti che escono dalle tazze d’argento.
La mostra fa parte della “Prima Rassegna d’arte Il Calice d’oro”, nata- come spiega la curatrice Claudia Erba- con l’intento di dilatare gli orizzonti dell’atto creativo; per accogliere e vivificare-in un gioco moltiplicatorio ed effusivo-quella forza marziana e umanissima che chiamiamo ispirazione.
E’ assente, per scelta, nella rassegna, una tematica comune: non abbiamo voluto nessun filo rosso- prosegue la curatrice- a districare le gomene aggrovigliate della nostra nave, che muove nella direzione dell’incontro semantico di differenti forme d’arte, talvolta contaminate.
La rassegna è corredata da un catalogo d’arte, a cura di Irene Franchi con note biografiche degli artisti e contributi critici illustri, disponibile gratuitamente nei locali espositivi de Il Calice d’Oro.
Il logo della rassegna è stato realizzato dallo scultore e pittore Franco Mauro Franchi.
La realizzazione e la stampa dei cataloghi sono state rese possibili anche grazie al supporto degli sponsor Costa Paradiso Resort, Li padulazzi Resort, Lola comunicazione e Re/max Mistral Costa Paradiso.
La promozione della rassegna è curata da Verbatim Ufficio Stampa.
Appuntamenti importanti, questi de Il Calice D'Oro, che scandiscono una ripartenza nel settore del turismo culturale.
All'interno del locale potrete ammirare ( e acquistare) alcuni pezzi della collezione SS 2022 Muir della giovane stilista sarda Elisa Ara, che nella lavorazione crochet si ispira ai paesaggi della Sardegna e la collezione Elicriso SS 2022 del raffinato marchio di gioielli La Ro'.
Link utili:
https://www.monicacorda.it/
https://www.facebook.com/calicedorocostaparadiso
https://www.instagram.com/ilcalicedoro/
https://www.ilcalicedoro.it
https://www.instagram.com/claerba/
https://www.facebook.com/berlinbabylonproject
Lina Cavalieri
Nel verde delle circostanti colline del lato veneto del lago di Garda, nella prestigiosa zona vitivinicola del Bardolino, sorge la settecentesca Villa Cordevigo, Wine Relais 5 stelle di lusso, di proprietà delle famiglie Delibori e Cristoforetti. Un paradiso per chi, dopo anni di sacrifici, mesi di mascherine e green pass, vuole tornare a respirare aria di libertà. Una vacanza outdoor, tra ettari di boschi, ulivi, vigneti e giardini, con la piscina, l’Essentia Spa, 40 stanze spaziose e suite, una diversa dall’altra, che profumano di classico ma dotate dei moderni comfort, e un ristorante stellato, l’Oseleta, guidato dallo Chef Marco Marras. E poi visite guidate, passeggiate a piedi e in bicicletta (anche con pedalata assistita), degustazioni enogastronomiche, tutto ciò che serve per ritrovare se stessi, nella natura e all’insegna del relax più autentico.
Inaugurato nel 2022, nella grande tenuta di Villa Cordevigo è stato realizzato un percorso vita ideale per chi desidera svolgere attività fisica in armonia con la natura. Il circuito di allenamento si snoda in 12 tappe con attrezzi in legno e si conclude all’Osservatorio, il punto più alto dal quale, nelle giornate limpide e soleggiate, è possibile ammirare lo specchio argenteo del lago di Garda.
Non può mancare una fresca piscina per un’estate che si preannuncia bollente: anch’essa immersa nel verde e attrezzata con lettini prendisole e ombrelloni, un’ampia zona solarium dove godere a pieno momenti dedicati al relax, alla lettura, ai bagni d’acqua e, naturalmente, di sole.
Proprio dalla piscina si dipartono i vigneti della tenuta, tra i quali si può passare una mezza giornata all’insegna del gusto, per gli occhi ed il palato. A piedi o in bicicletta, un esperto enologo accompagnerà gli ospiti svelando loro i segreti della coltivazione di vitigni che producono uve fra le migliori del Veneto e d’Italia. Sarà inoltre possibile visitare le cantine Villabella, dove avvengono i processi di vinificazione e invecchiamento in botti di rovere. Non mancheranno, certamente, le degustazioni. La produzione comprende, infatti, i grandi vini classici veronesi: dal Bardolino al Lugana, dal Custoza al Soave al Valpolicella e poi i preziosi vini appassiti sul graticcio, come il Ripasso e l’Amarone.
La villa è immersa in un paesaggio mozzafiato senza eguali, tra le montagne e il lago di Garda, artefice di un microclima unico in Italia e meta estiva fin dai tempi degli antichi Romani.
Villa Cordevigo, premiata al Tripadvisor Traveller’s Choice Award come uno dei “Top 10 hotel” in Italia, propone molte offerte di intrattenimento ai suoi clienti, come le escursioni in barca. Dal punto di partenza è possibile prendere un’imbarcazione che non necessita di patente nautica, oppure si potrà noleggiare un battello privato con conducente. Il guest relations manager della Villa farà da Cicerone, raccontando natura, storia, misteri e aneddoti sul lago di Garda e sui meravigliosi borghi che vi si affacciano. La struttura organizza anche escursioni a Valeggio e Borghetto sul Mincio, uno tra i cento più belli d’Italia, a soli 30 minuti d’auto dalla dimora. Località famose per la produzione del tortellino, che qui si chiama “nodo d’amore”, sarà possibile visitare le botteghe artigiane in cui si crea questo succulento alimento. È inoltre prevista la visita, con degustazione, in una cantina della Valpolicella e, naturalmente nella romantica città di Verona.
Obicà Mozzarella Bar inaugura il nuovo locale milanese in Via Cusani 1, nel cuore di Brera, e dà così il via al percorso di rebranding dell’insegna di ristorazione – di recente acquisita dalla Famiglia Scudieri - portavoce dell’autenticità e della genuinità dei prodotti italiani con un approccio conviviale e cosmopolita
“Con l’acquisizione di Obicà da parte della famiglia Scudieri, già attiva nel settore della ristorazione dal 2014 con il marchio Eccellenze Campane, è iniziata per noi una nuova fase di evoluzione ed espansione. Il nuovo ristorante in Via Cusani rappresenta il primo passo di questo progetto in cui l’esperienza del cliente diventa ancora più centrale. Non solo un nuovo design e un nuovo modo di comunicare, ma soprattutto la volontà di offrire un viaggio gastronomico lussuoso nel rispetto della semplicità della cucina italiana che si rispecchia nei nostri piatti”. Così Davide Di Lorenzo, CEO del Gruppo Obicà Mozzarella Bar, commenta l’inaugurazione del nuovo indirizzo milanese.
Un ristorante cosmopolita in grado di trasportare gli ospiti nell’atmosfera delle piazze italiane grazie all’utilizzo di materiali quali il mattoncino e di elementi di design come ringhiere, tubature a vista e piante. Il progetto architettonico realizzato dallo studio romano Labics ruota infatti attorno a un’idea rivoluzionaria volta a concepire gli interni come fossero degli spazi urbani pronti ad accogliere un pubblico alla ricerca di un momento di informale convivialità.
A rendere l’esperienza nel nuovo locale ancora più indimenticabile è la fragranza “O” di Obicà, realizzata su misura da Integra Fragrances e diffusa all’ingresso del ristorante. Un profumo delicato che ha in partenza una nota fresca e briosa, conferita dal thè, per poi inebriare con un finale luminoso, accogliente e familiare grazie ai fiori d'arancio. Le note verdi conferiscono alla fragranza vitalità e naturalezza, ben equilibrate da una delicata sfaccettatura floreale.
Di recente è stata poi presentata “Summer Wonder”, la carta estiva capace di raccogliere l’essenzialità, l’eleganza e la semplicità dell’insegna con un twist innovativo. Tra i protagonisti spiccano ingredienti stagionali, freschi e di alta qualità che ricordano i sapori autentici dell’estate. Ed ecco che vengono serviti piatti quali il “Polpo con Maionese al Lime, Pomodori Datterini Confit, Rucola e Crumble di Pane”, il “Tonnetto Alletterato con Rucola, Carote Viola, Pomodorini Neri, Cetrioli, Olive Taggiasche, Salsa Yogurt e Lime”, gli “Spaghetti Neri alla Chitarra con Gamberi, Pomodori Datterini Gialli e Granella di Pistacchi Siciliani” e l’immancabile “Babà”. Sempre disponibili in carta i classici di Obicà tutti da condividere quali le “Degustazioni” di Mozzarelle e Salumi, gli Small Plates e i “Lievitati” quali Focacce e Crostini preparati con differenti topping.
Grande novità introdotta con l’arrivo della nuova carta è l’iconica pizza di Obicà che, nata dall’unione di lievito madre naturale e farina del Molino Paolo Mariani e frutto di una lenta lievitazione di almeno 48 ore, abbandona la forma ovale per diventare tonda. Un ritorno alle origini con un richiamo alla forma più semplice ed essenziale di tutte, in linea con l’elegante minimalismo del Gruppo. Dall’ormai iconica “Bufala DOP”, alla “’Nduja di Spilinga” con Stracciatella, Pomodoro Biologico, e Parmigiano Reggiano al Basilico, passando per la “Filetti di Alici” con Mozzarella di Bufala DOP, Pomodoro Bio, Stracciatella, Pomodori Datterini Gialli, Frutti del Cappero e Basilico Fresco, fino alla “Burrata e Zafferano”con Mozzarella di Bufala, Ricotta di Bufala, Cialde di Parmigiano Reggiano al Basilico e Pepe, tutte le pizze di Obicà – disponibili anche in altre varianti – risultano al palato leggere, soffici e fragranti.
Una proposta gastronomica fresca e di qualità, quella di Obicà Mozzarella Bar, resa ancora più completa dalla carta beverage - fruibile sia al tavolo che al bancone - con una selezione di etichette di Vini italiani e cocktail realizzati con i migliori distillati, miscelati con erbe e frutta fresca a cui si aggiungono Birre, Amari e un’ampia selezione di Distillati. Vini e cocktail possono essere apprezzati al meglio con la formula aperitivo che, dalle 18 alle 20, permette di degustare il proprio drink accompagnato dalla Pizzetta di Bufala DOP.
Quanti chilometri deve percorrere un avocado per arrivare sulle nostre tavole? Come è potuto nascere un lago naturale nel bel mezzo della iper trafficata Roma? Come sopravvive la natura in una Basilicata ferita da pozzi di petrolio dismessi, spazi industriali vuoti pieni di amianto e strutture turistiche abbandonate?
Queste sono alcune delle tante tematiche che affronta la sesta edizione di Cinema e Ambiente Avezzano, che si terrà da lunedì 13 a martedì 21 giugno, con 61 film in concorso, tra fiction, documentari e animazione, 90 registi coinvolti, 16 anteprime italiane, 3 anteprime internazionali, 15 Paesi rappresentati in quattro sezioni tematiche insieme a un concorso per sceneggiature a tematica ambientale.
Continua a crescere il festival fortemente voluto da un gruppo di professionisti decisi a riportare il cinema al centro nella regione con la più alta percentuale di parchi naturali d’Italia. La crescita è confermata dal numero di film presenti alla nuova edizione, raddoppiato rispetto alla precedente, e, soprattutto, da uno dei motivi di orgoglio del festival, il pubblico, triplicato nella sua ultima edizione. Per il 2022, si aggiunge, inoltre, anche la nuova sezione dedicata interamente ai talk e agli eventi, “Cinema e Ambiente Green Experience” per avere un importante sguardo al futuro: l’ambiente.
Organizzato da CinemAbruzzo Aps e The Factory srl, con il contributo e il patrocinio della Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura, Cinema e Ambiente Avezzano vanta quest’anno l’alto patrocinio del Parlamento Europeo e del MITE - Ministero della Transizione ecologica, e partner istituzionali con focus legato ad ambiente, turismo e scienza, quali l’ISPRA - Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, l’INGV – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ma anche il CNR - Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’ENEA - Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile. Da quest’anno il festival si arricchisce di una realizzazione in collaborazione con Greenpeace, e del patrocinio di organizzazioni attive in difesa dei diritti delle persone e dell’ambiente quali, fra le altre, Unicef, Amnesty International, LIPU e WWF. Non meno fondamentali anche i partner locali tra cui la Regione Abruzzo, Provincia dell'Aquila, e tutti i Parchi Nazionali della regione che hanno dato il loro patrocinio e che collaborano attivamente con il festival.
Claim per questa edizione è la parola Antropocene. Se, come spiega il direttore artistico del Festival Paolo Santamaria, “il termine Antropocene è stato proposto per indicare l’inizio di una nuova era geologica dove il ruolo degli esseri umani e il loro impatto sull'ambiente circostante diventano cruciali per la sopravvivenza delle specie naturali”, Cinema e Ambiente Avezzano vuole, non solo portare una riflessione sul tema, ma anche tentare di arricchirlo con una nuova accezione positiva. Centro del festival sono proprio le persone, una comunità ogni anno più grande che partecipa alla manifestazione con il desiderio di approfondire e interrogarsi su questo argomento e al tempo stesso di immaginare soluzioni alternative attraverso il cinema, i talk con professionisti del settore e i dibattiti con quei registi che da anni si battono per portare alla luce narrazioni e storie poco conosciute sulla situazione ambientale internazionale. La nuova sezione “Cinema e Ambiente Green Experience” è nata proprio con l’intento di rafforzare questa comunità e di favorire l’incontro e lo scambio di conoscenze. Ma non solo, Cinema e Ambiente Avezzano vuole anche dare un esempio concreto: ciascun partecipante riceverà in regalo un albero e, inoltre, potrà fare esperienza diretta di una diversa relazione uomo-natura, dal forte impatto sociale, partecipando all’evento dedicato “In Joëlette sul Velino”, un’occasione di turismo accessibile per immergersi nei panorami mozzafiato del Parco Naturale Regionale Sirente Velino e un’opportunità concreta di ristabilire un contatto nuovo con la natura.
Su uno spazio astratto, geometrico, privo di appigli naturalistici, dominato dal rosso intenso di un tappeto e di una parete, si agitano le vite di otto personaggi, incatenati ad un eterno ripetersi di un quotidiano sempre uguale a se stesso. È la trama di Zio Vanja, il nuovo titolo proposto da Elsinor e Teatro Metastasio di Prato, al debutto in prima nazionale il 9 giugno al Teatro Fontana.
Firmato dalla regista Simona Gonella, l’allestimento si addentra in una delle opere più celebri del maestro russo esplorando le relazioni tra personaggi e indagando i confini della loro ferocia. Un ensemble attoriale rodato e coeso lavora sui contorni e sulla contagiosa spietatezza che inquina i rapporti e incastra senza apparenti vie d’uscita, disegnando un quadro sociale bloccato da una fatale incapacità.
Il ritorno dell’anziano professore e di sua moglie nella tenuta di campagna in cui vivono stabilmente Vanja, sua nipote Sonja, Telegin e la balia, e nella quale è di casa il dottore, dà il via ad un sottile gioco al massacro in cui emergono vecchi rancori, tensioni taciute, passioni frustrate e non corrisposte.
Costretti a condividere gli stessi ambienti, i protagonisti danno sfogo ad una ferocia delle relazioni che la scena vermiglia riverbera e amplifica, delimitando i loro incontri all’interno di un claustrofobico ring.
L’arrivo della coppia disturba come un corpo estraneo gli equilibri di un microcosmo familiare già minato al suo interno da antiche ruggini.
Il ruolo di Elena, personaggio oggetto di desiderio e invidia, è affidato ad un’attrice straniera: è lei la giovane che lotta – anche linguisticamente - per capire cosa le sta succedendo intorno e che pone tutti a confronto con la sua esoticità, introducendo il tema della estraneità, di un linguaggio che diventa ostacolo.
La drammaturgia accoglie nel testo alcune delle note di regia che Stanislavskij, più di cento anni fa, scrisse a margine del suo storico allestimento dell’opera. L’astrazione dello spazio e la sottrazione di appoggi naturalistici vengono così a confronto con la minuziosità realistica delle note, nel tentativo di creare una frizione nello spettatore tra ciò che è o che potrebbe essere, tra ambiente o azioni o alcune indicazioni di azione o “sentimento”, e quello che realmente accade in scena. Un altro modo di riflettere sul linguaggio, un altro modo di giocare con i diversi piani attraverso i quali un testo può farsi “vita” o “presenza” nel qui e ora della rappresentazione.
“Nel mondo isolato e compresso in cui Zio Vanja è collocato, sembra non esserci mai spazio per respirare, per lasciare che il tempo aiuti a dipanare il groviglio di sentimenti, amori, recriminazioni, disillusioni che ciascun personaggio porta dentro di sé – commenta la regista, che aggiunge - Le attrici e gli attori hanno lavorato generosamente per esplorare il pesante carico di profonda umanità che il testo ha messo loro di fronte, trovando una logica che li legasse a ciò che loro sono oggi o a ciò che oggi, in un senso più universale, i personaggi possono svelare. Di “Zio Vanja” mi ha sempre colpito soprattutto questa spietatezza, questo spingere il dito nella piaga fino a impedirle di rimarginarsi. Mi sembra che parli così tanto di ciò che siamo noi oggi, di noi che ci parliamo addosso, di noi che, immobili, aspettiamo di “diventare” ciò che vorremmo, di noi che ferocemente anteponiamo la nostra furia egotica a tutto e a tutti.”
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