Dialoghi sulla morte e sulla vita: Miele
Valeria Golino sbarca al Festival del Cinema di Cannes e lo fa per la prima volta da regista con un lungometraggio, Miele, che affronta uno temi più difficili e personali dell’umanità: la dolce morte, l’eutanasia, il passaggio assistito.
I termini e le definizioni si sprecano, ma l’argomento rimane scottante, ostico e universale.
La sceneggiatura scritta dalla stessa Golino, con altre due donne di livello intellettuale indiscusso quali Marciano e Santella, non è originale ma si basa sul romanzo di Mauro Covacich, A nome tuo.
Valeria, attrice matura, affermata e impegnata ha deciso di passare dall’altra parte della macchina da presa e ha scelto di farlo senza sotterfugi o plagerie.
Non strizza l’occhio allo spettatore e non vuole mentirgli. Ha qualcosa di importante da raccontare e desidera farlo prendendo di petto il tema della libera scelta, della volontà di vivere o morire, al di là di ogni ragionevole critica o convinzione etica e religiosa.
Miele è il lungometraggio di una neo regista che ha saputo anche scegliere il cast giusto e immedesimarsi in ogni sequenza filmica, costruendo e ricostruendo perché quando si è dall’altra parte della macchina da presa non si può lasciare nulla al caso e il lavoro raddoppia all’infinito.
La cronaca degli ultimi anni non ha affatto aiutato la Golino in questo senso perché ha sempre presentato casi “estremi” di eutanasia o desiderio di porre fine a indicibili sofferenze fisiche e psicologiche.
E così se gli spettatori di Miele si aspettavano di vedere la pratica della dolce morte messa in atto su malati terminali, persone attaccate a un respiratore o in coma da decenni restano oltremodo sorpresi da una trama che nulla a che vedere con gli articoli giornalistici di tanta stampa e televisione.
Con un finale che la neo regista decide di modificare e sconvolgere rispetto a quello del libro di Covacich.
Miele è la protagonista del lungometraggio ed è interpretata da una più che credibile Jasmine Trinca; un’attrice che si è fatta le ossa in ruoli drammatici e in film come Cefalonia, La meglio gioventù, Romanzo criminale, che la Golino sceglie appositamente diversa e più matura dalla protagonista di A nome tuo.
La storia è quella di Irene, una donna di trent'anni che ha deciso di dedicare il proprio tempo ad aiutare chi soffre. I suoi assistiti sono tutti malati terminali che vogliono abbreviare la propria personale agonia e non subire più la stretta di una malattia che distrugge ogni giorno la loro dignità di esseri umani. Miele svolge il suo lavoro con convinzione e con profonda umanità. Forte e algida. Fino a che un giorno a richiedere il suo servizio è un settantenne in buona salute, che ritiene semplicemente di aver vissuto abbastanza. La donna allora oppone un netto e convinto rifiuto.
La determinazione dell’uomo e le sue lucide argomentazioni, però, finiscono con il mettere in discussione tutte le convinzioni di Irene.
Inizia così il dialogo sulla morte e sulla vita che è portato avanti filmicamente dalla protagonista del lungometraggio, ma che è assolutamente anche dialogo della regista e della donna che è dietro la macchina da presa.
E se per la Golino è la prima esperienza da regista per il suo compagno e attore Riccardo Scamarcio è la prima volta come produttore di Valeria. I due oltre ad essere una coppia unita e affiatata nel privato lo sono anche nella vita lavorativa, dove hanno creato praticamente dal nulla una società di produzione, La Buena Onda, con cui supportano giovani talenti del cinema italiano ed europeo e splendide pellicole d’autore.
Il film è piaciuto moltissimo a Thierry Frémaux, direttore del Festival di Cannes, che ha voluto la Golino come fiore all’occhiello del concorso Un Certain Regard, un vero onore per una pellicola italiana e per una regista esordiente.
Protagonista maschile del lungometraggio è Carlo Cecchi, l’attore che ha innovato il teatro italiano degli ultimi decenni e che offre una interpretazione magistrale ugualmente nei dialoghi che nei silenzi di Miele. Un scelta che conferma quanto l’esperienza da attrice della Golino sia stata fondamentale per farsi affiancare dai migliori colleghi per realizzare una pellicola così difficile e matura.
